Vesuvio, incendi e devastazioni: le responsabilità dei preposti
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Il Vesuvio in fiamme tra le incapacità dei vigilanti-
Ogni anno, al sopraggiungere dei picchi di calore della stagione estiva, ecco giungere le consuete notizie sugli incendi che devastano il territorio italiano. Il fenomeno è equamente diffuso su tutta la penisola italiana, ma, tristemente, chi conta maggior danni è quasi sempre il Sud Italia, in uno alla Sardegna, che, nei decenni precedenti, ha visto deturpare l’ambiente e le ambite coste dei vacanzieri.
Ogni anno, dunque, mentre i cittadini si preparano all’ennesimo scempio, i preposti dimenticano di alzare lo stato di allerta, come se non fosse questo il compito di chi è pagato dalla comunità: vigilare e tutelare. A farne le spese in questi giorni è anche l’amato Vesuvio, il dormiente vulcano, simbolo del golfo napoletano, soggetto privilegiato delle foto dei turisti, tanto temuto da essere il più controllato al mondo.
Solo all’interno, però, con sonde e moderni macchinari, che segnalano ogni minimo movimento.
All’esterno, invece, quel meraviglioso Parco Nazionale del Vesuvio, istituito sin dal 1995, in base alla legge quadro del 1991, è terra di nessuno. Basti ricordare la famosa polemica della discarica di Terzigno.
Eppure tra i fini dell’istituzione della riserva c’è quella di conservare i valori del territorio e dell'ambiente, e la loro integrazione con l'uomo.
Sorge, allora, spontanea una domanda: possibile che non si riesca ad impedire accadimenti di tal genere? Possibile che non il Ministero, non la Regione, non il Presidente e il Comitato del Parco, né la Comunità, nessuno, insomma, sia in grado di prevenire?
C’è un quesito che da sempre attanaglia le società che gli uomini costituiscono: chi controlla i controllori? Perché il problema è e resta sempre questo, la presenza di rappresentanti che non tutelano al meglio gli interessi dei rappresentati.
Alla fine non resta che fare il solito, triste, resoconto, guardare le spoglie delle oltre seicento specie vegetali, chiedendosi quale fine avranno mai fatto le duecentoventisette specie di animali, che abitano le scoscese pendici del Vesuvio.
E mentre si dà l’inutile caccia al piromane di turno, per darlo in pasto all’opinione pubblica, nessuno dei veri responsabili dimostra l’umiltà di assumersi le colpe e porgere le scuse alla comunità, che sconta un danno alla salute e all’ambiente di vastissime dimensioni.
E non può che provare rabbia il cittadino inerme di fronte al devastante incendio, che ha reso irrespirabile l’aria, mentre accoglie la notizia della solita camorra, che avrebbe l’interesse a bruciare i rifiuti sversati illegalmente. Sversati in un Parco Nazionale, e fatti bruciare, con il consenso tacito di tutti.
Le indagini della Procura, qualora sortiscano effetto, chiariranno le vicende, ma quello che resta è il dolore per una terra lasciata depredare, nel silenzio e nel consenso, e la certezza che le organizzazioni criminali vivano al vertice, gestendo la nostra vita nel peggiore dei modi possibili.
Giorgio Coppola
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