lunedì 31 luglio 2017
Detenzione di materiale esplosivo e smarrimento di armi: segnalate tre persone
Nella giornata di ieri, sono state segnalate tre persone all’Autorità Giudiziaria, per irregolarità nell’ambito di una specifica attività di verifica della detenzione di armi e materiale esplosivo. In particolare, un cittadino salernitano è stato segnalato per non aver tenuto una condotta diligente nella custodia delle armi. L’uomo ha infatti smarrito due carabine, detenute con regolare licenza. Due cittadini, residenti in un Comune del Vallo di Diano, inoltre, rispettivamente titolare e collaboratore di un deposito di prodotti esplosivi, sono stati segnalati per aver omesso di riportare, sul registro di carico e scarico di prodotti esplosivi, la cessione di kg. 13.413 di materiale attivo contenuto in artifizi pirotecnici. Sono stati segnalati anche per aver detenuto prodotti esplosivi, privi del riconoscimento ministeriale e prodotti esplosivi, con marchi di produzione industriale contraffatti .Il titolare del deposito è stato segnalato, inoltre, per aver omesso di redigere il documento di valutazione dei rischi per il personale impiegato nel deposito di prodotti esplosivi, di cui è titolare. Nella circostanza, gli agenti della Polizia di Stato hanno proceduto al sequestro di circa 50 kg di prodotti esplodenti illegali.
Redazione SalernoNews24
Cava de' Tirreni: arrestata una donna per furto grazie al Viasat
Nella serata di ieri, la Polizia presso il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Cava de’ Tirreni ha tratto in arresto una donna, P.E., di 42 anni, residente a Terzigno (NA), per furto,in flagranza di reato. Poco prima la donna, forse con la complicità di altre persone, aveva rubato, a Salerno, in Piazza Casalbore un’autovettura, Fiat Punto, dotata di sistema antifurto satellitare Viasat. Questo era stato rimosso mediante sostituzione della centralina, nei pressi di Cava de’ Tirreni. Nel frattempo, il proprietario del veicolo aveva ricevuto da Viasat il messaggio di avvertimento relativo allo spostamento anomalo dell’autovettura, ed aveva immediatamente provveduto a chiamare il numero di emergenza “112, per denunciarne il furto. Prontamente, i poliziotti del Commissariato di Cava de’ Tirreni, dopo aver monitorato gli spostamenti del veicolo tramite il sistema satellitare, sono riusciti a bloccare l’automobile rubata, con l’autrice del furto alla guida, in Corso Principe Amedeo, in pieno centro cittadino.All’interno della vettura i poliziotti hanno trovato e sequestrato diversi arnesi atti allo scasso e due centraline elettroniche per autovetture. Gli agenti, inoltre, hanno accertato che P. E. era sprovvista di patente di guida.La donna è stata pertanto arrestata per furto aggravato, possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso, ricettazione di due centraline modificate e guida senza patente, ed è stata posta a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per essere sottoposta a rito direttissimo.L’automobile è stata successivamente restituita al legittimo proprietario.Sono in corso indagini da parte dei poliziotti cavesi per individuare eventuali altri complici.
Redazione SalernoNews24domenica 30 luglio 2017
Associazione per delinquere, reati tributari , fallimentari, previdenziali, truffa aggravata: 5 ordinanze di...
Infatti, alcune società venivano spogliate di tutte le componenti produttive attraverso cessioni di azienda o rami di azienda e venivano fatte fallire o cessare, gravate da considerevoli debiti tributari che, in conseguenza della spoliazione, divenivano inesigibili, con grave danno per l’Erario. Le società venivano fatte fallire distruggendo od occultando le scritture contabili o venivano messe in liquidazione, in modo da rendere impossibile per l’Agenzia delle Entrate riscuotere i crediti: operazione ostacolata anche dal fatto che i soggetti formalmente rappresentanti legali - teste di legno - non risultavano avere disponibilità finanziarie per far fronte al debito contratto dalla società, solo formalmente amministrate. Sono 11 i casi di fallimento di società del gruppo in questione.Le cariche societarie venivano intestate a dipendenti, consulenti delle società che, nella maggioranza dei casi erano intimiditi e costretti ad accettare quanto proposto per conservare il posto di lavoro. Chi non accettava veniva sottoposto a turni di notte, umiliazioni, minacce ed emarginato. In particolare, per quanto riguarda i “lavoratori”, la strategia era quella di non versare alcuna contribuzione previdenziale e assistenziale e di far fallire le società.
Mai sono state prodotte e consegnate ai curatori fallimentari le prescritte scritture contabili, così da non consentire agli organi del fallimento la ricostruzione delle vicende imprenditoriali, con specifico riferimento al periodo cronologico antecedente alla declaratoria di fallimento. Nel frattempo venivano create nuove società, con denominazioni simili a quelle delle società morienti, oppure ne venivano acquisite altre, operanti nello stesso settore.
I lavoratori venivano licenziati e riassunti con un’altra società apparentemente estranea (in modo da avere diritto alle sovvenzioni) ma, in realtà, sempre gestita dai medesimi.Tutto ciò consentiva anche di incassare i contributi per la riassunzione agevolata di lavoratori in mobilità o licenziati, nella forma degli sgravi contributivi, con danni delle casse pubbliche centinaia di migliaia di euro.
Nel caveau della società in questione, venivano poi sostituite banconote genuine, con altre false. Quelle genuine venivano sottratte e per quelle false veniva chiesto il rimborso alla Banca d’Italia.
Questa attività è la prosecuzione e sviluppo dell’indagine condotta dalla Procura di Nocera Inferiore nel febbraio 2015 nei confronti di un’altra società, per cui alcuni componenti della famiglia sono stati ristretti agli arresti domiciliari.
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Redazione SalernoNews24
"La notte dei cigni" di Santa Rossi all'Arco Catalano
Claudia Izzo Redazione SalernoNews24
Nocera Inferiore: sequestrati in tre interventi 350.000 prodotti privi dei certificati di conformità e...
I Finanzieri della Compagnia di Nocera Inferiore hanno sequestrato, in tre separati interventi, 350.000 prodotti costituiti da addobbi natalizi, materiale elettrico, cosmetici, giocattoli, prodotti personali per l’igiene, privi dei certificati di conformità e sicurezza. Individuati tre centri commerciali, due a Nocera ed uno ad Angri, i Finanzieri hanno sequestrato prodotti risultati tutti privi di istruzioni d’uso e di indicazioni circa le loro caratteristiche tecniche in lingua italiana. In tal modo, al consumatore, non viene fornita alcuna informazione di tracciabilità con riferimento alla loro composizione, produzione e confezionamento, condizione essenziale per una valutazione soggettiva della pericolosità dell’ oggetto. I responsabili delle attività commerciali sono poi stati segnalati alla competente Attività Giudiziaria, per i reati di commercializzazione prodotti industriali con segni mendaci e ricettazione.
Sono cinque, in totale, gli interventi dei Finanzieri a Nocera Inferiore, nel solo mese di novembre che, nel complesso hanno portato al sequestro di 500.000 prodotti e alla denuncia alla competente Autorità Giudiziaria di sei soggetti, tutti cittadini di nazionalità cinese.
Direzione
Ieri, folle gesto in via Dalmazia: accoltellato un quarantenne
Mentre i turisti ammiravano le Luci d’Artista, nella calda giornata di ieri, Festa dell'Immacolata, un quarantenne salernitano veniva accoltellato nella centrale via Dalmazia. Secondo la ricostruzione, un uomo stava attraversando la strada senza accorgersi del sopraggiungere di un mezzo CSTP. Il conducente avrebbe richiamato il pedone distratto che, invece, a sua volta, avrebbe accusato il conducente. Da tutto ciò ne sarebbe venuta una lite. Un passeggero salernitano di 40 anni, dunque, è sceso dall’autobus, cercando di rendersi utile per sedare la lite e proprio quest’ultimo è stato raggiunto da un fendente al gluteo, sferrato dal pedone. Immediata la richiesta di soccorso ai sanitari da parte del conducente dell’autobus, mentre l’aggressore si volatilizzava. Caos e sgomento tra la gente accorsa.
Direzione
sabato 29 luglio 2017
Progetto Qualità Cetara
Venerdì 27 novembre alle ore 10,30 verrà presentato nella Sala giunta della Provincia, in via Roma a Salerno, il Progetto integrato per la qualità del comparto turistico Qualità Cetara, alla presenza del sindaco Secondo Squizzato, dell’assessore alla Cultura Angela Speranza, e dei commercianti del borgo marinaro. Nel corso della presentazione verranno illustrati anche il nuovo logo turistico di Cetara, il protocollo d’intesa con l’Università degli studi di Salerno, dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione e l’inizio delle manifestazioni natalizie con la “Festa della colatura”.
Redazione SalernoNews24
daviMedia: prodotto culturale made in UNISA, coinvolge ed emoziona con personaggi di spicco
Ne parliamo con il Dr Roberto Vargiu.
-daviMedia, dopo l’annuale Conferenza Stampa a bordo della nave MSC a Napoli, è stata protagonista anche presso la Camera dei Deputati. Ci parla di questa esperienza?
“Fare una conferenza presso la prestigiosa Sala Stampa della Camera dei Deputati è stata un’esperienza unica; non capita tutti i giorni qualcosa di simile. Ma soprattutto è un ulteriore attestato di riconoscimento ad un evento che oramai ha assunto valenza nazionale.”
-Dopo Roma, daviMedia inizia con una nuova struttura, nuove Master Class e nuovi obiettivi. Quali le novità per questo 2015/2016?
“Il Format è assolutamente collaudato e quindi grandi stravolgimenti non ci saranno. Abbiamo però diversificato l’offerta, quest’anno avremo tanta Radio, con diversi personaggi provenienti dai più importanti network nazionali, molto Teatro, la novità della Danza. Infatti, proprio oggi, abbiamo con noi Raffaele Paganini, grande ballerino ed attore teatrale e poi avremo i live, e gli appuntamenti esterni.”
-Insieme al Prof Marco Pistoia, Lei ha dato vita a questo contenitore culturale. Come inizia questa Sua passione?
“La passione nasce fina dal periodo post Liceo, quando ho incontrato uno dei più grandi organizzatori di eventi che abbiamo mai avuto in Campania ed in Italia, Franco Troiano di Cava de’ Tirreni, che, possiamo dire, mi ha iniziato a questo lavoro. Poi, nel periodo post Laurea, ho avuto la possibilità di collaborare con diverse cattedre, in varie Università, tenendo per diversi anni un Laboratorio di Organizzazione di Eventi Culturali presso Scienze della Comunicazione … Insomma, passione e lavoro che si sono intrecciate e che non muoiono mai!”.
-Organizzare eventi è il sogno di molti studenti. Cosa consiglia loro? Quali le strade da percorrere per diventare manager di eventi?
“Mi sono accorto che è il sogno di tanti ragazzi…il mondo dello spettacolo, dello Star System è affascinante, quanto pericoloso. Come dice una mia amica, artista internazionale, è un mondo popolato da “sognatori” e da “brutti ceffi”, e questi ultimi sono la maggioranza. Bisogna formarsi tanto “sul campo”, cosa che facciamo con i nostri ragazzi daviMedia, e poi, bisogna imparare molte cose in termini di leggi che regolamentano le attività culturali. Non si deve improvvisare”.
daviMedia è stato, fin dagli esordi, un susseguirsi di successi, con grande affluenza di pubblico. Sul palco del Teatro di Ateneo, come nell’Aula Magna dell’Ateneo salernitano, sono tanti gli artisti che hanno parlato di loro stessi, della loro vita e delle loro scelte, ma anche delle loro difficoltà prima di diventare ciò che sono oggi. Lei cosa prova alla fine degli incontri?
“Anzitutto provo la grande soddisfazione che tutto è andato bene, non bisogna mai sottovalutare un evento, nemmeno il più piccolo ed apparentemente facile da gestire. Poi, occorre verificare la soddisfazione di quanto si è proposto, il famoso “share”. Talvolta si possono commettere degli errori nel proporre un’artista rispetto ad un altro, ma fa tutto parte del gioco …”
-Il Rettore Tommasetti riceve gli ospiti daviMedia prima di ogni incontro, dimostrandosi aperto e positivo alle iniziative da Lei proposte. Quanto è importante la cooperazione in progetti del calibro di daviMedia?
“ E’ fondamentale. Prima l’ex Rettore Pasquino, ora il Rettore Tommasetti, hanno sempre sostenuto ed apprezzato il nostro lavoro che consta di oltre una ventina di appuntamenti annui. Ci sono vicini da sempre, ed anche a nome del prof Pistoia, li ringrazio pubblicamente, come colgo l’occasione per ringraziare il Pro Rettore, Prof Antonio Piccolo, il Presidente EDISU, Prof Domenico Apicella, il Prof Virgilio D’antonio, Presidente dell’ Area Didattica SdC e la Professoressa Reitano, neo Direttore del DISPAC, a cui afferisce daviMedia".
-Qual è il suo sogno nel cassetto?
“Ogni giorno è un buon giorno per immaginare un ulteriore e grande sogno!"
Direzione
Presentata la guida"Quotazioni Metroquadro 2015". + 12% le compravendite immobiliari
L’iniziativa, patrocinata dalla Regione Campania, dal Comune di Salerno, dal Collegio dei Geometri di Salerno, dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili di Salerno, dall’Ordine degli Architetti di Salerno e dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha avuto come relatori: il Consigliere Comunale di Salerno, Angelo Caramanna, il Consigliere Regionale della Campania Vincenzo Maraio, il notaio Stefano Fazzari, del Consiglio Notarile di Salerno, Roberto Busso, amministratore delegato del Gruppo Gabetti, il vice direttore generale di Creacasa Gruppo Credem Giandomenico Carullo, il coordinatore per il rilevamento valori di Salerno e provincia Daniele Polverino. sergiodelvecchio
"Il Vino del Tuffatore": trionfa l'azienda Maffini di Castellabate
Si è avuto un susseguirsi di tavole rotonde e degustazioni di vini e formaggi tipici nella Sala del Santuario e l'interessante visita al Museo del Parco Archeologico di Paestum, guidata dal direttore Gabriele Zuchtriegel, con centinaia di visitatori giunti per l’occasione. Per tutti i partecipanti, come sottolineato da Giuseppe Festa, direttore del Corso di Perfezionamento Univesitario in Wine Business dell'Università di Salerno, è arrivata una menzione speciale: " La mia premessa è d'obbligo - ha detto - perché alla valutazione finale della giuria tutti i vini sono risultati eccellenti. Non a caso, ogni azienda ha avuto una menzione speciale.
A vincere questa prima edizione è stato il "Fiano kratos di Luigi Maffini che, secondo la giuria, portava insieme qualità organolettica, qualità intesa come versatilità nel campo della dieta mediterranea e qualità intesa come proiezione dell'immagine mediterranea".
Tra le aziende vitivinicole che hanno preso parte all’ evento sono state insignite della menzione speciale, “Dieta Mediterranea” ed “Immagine mediterranea” : le “Native”, “Barone”, “Case bianche”, “Cuomo”, “Feudi di San Gregorio” , “Macellaro” e “Maffini”.
Visibilmente soddisfatto il direttore Gabriele Zuchtriegel: “E' stata davvero una grande gioia- ha concluso- vedere il museo pieno di gente che è stata intenta ad unire gli interessi per l'archeologia alla medicina e l'enologia. Dal prossimo anno cercheremo di fare un ulteriore salto di qualità legando questo marchio e la promozione del nostro territorio ad un discorso internazionale”.
Direzione
venerdì 28 luglio 2017
Gusto e sperimentazioni con "A tavola col Guerriero" di Antonella Petitti
"A Claudia, da guerriera a guerriera" è la piacevolissima dedica sul libro che ho innanzi che tratta del vegetale tanto presente sulle nostre tavole: il carciofo.
"A tavola col Guerriero- La storia, le caratteristiche e le ricette del carciofo bianco" (printartEdizioni) è l'ultima pubblicazione di Antonella Petitti, giornalista enogastronomica, direttrice di Rosmarinonews.it; una vita tra degustazioni, luoghi e tradizioni, nuove avventure all'insegna della passione di sempre: la scrittura. Tutto ciò ha reso possibile la creazione di questo excursus cartaceo sull' " indiscusso simbolo della Valle del Tanagro": il Carciofo Bianco, libro concretizzatosi grazie all'impegno della Pro Loco di Auletta, perché sono proprio le comunità rurali a stringersi intorno ai propri patrimoni agricoli.
Il libro è incentrato su identità, biodiversità e futuro de carciofo, soffermandosi sul Carciofo di Paestum, Schito, Capuanella, Montoro, Pignatella, Procida, Pietralcina, purchè sia "il guerriero dal tenero cuore", per dirla in termini nerudiani, originatosi in Sicilia intorno al I secolo a.C.
Piace "A tavola col Guerriero" per le sue Ricette quotidiane e Ricette d'Autore ed anche perché, come ha scritto la stessa Petitti, "è una sfida contro la perdita di identità. Una sfida di chi lotta contro la velocità che la nostra società ci impone, costringendoci a dedicare poco tempo alla nostra tavola, portandovi sempre meno cibi, tutti uguali e prodotti in serie". E le sfide come queste piacciono perché sono vere e tendono a recuperare sapori e mondi ormai perduti.
"Il vegetale dal tenero cuore", dunque, si vestì da guerriero divenendo il "vegetale armato" e continua oggi ad arricchire le nostre tavole mentre Antonella Petitti ce lo propone con stile e professionalità.
Claudia Izzo
Gusto e sperimentazioni con "A tavola col Guerriero" di Antonella Petitti
"A Claudia, da guerriera a guerriera" è la piacevolissima dedica sul libro che ho innanzi che tratta del vegetale tanto presente sulle nostre tavole: il carciofo.
"A tavola col Guerriero- La storia, le caratteristiche e le ricette del carciofo bianco" (printartEdizioni) è l'ultima pubblicazione di Antonella Petitti, giornalista enogastronomica, direttrice di Rosmarinonews.it; una vita tra degustazioni, luoghi e tradizioni, nuove avventure all'insegna della passione di sempre: la scrittura. Tutto ciò ha reso possibile la creazione di questo excursus cartaceo sull' " indiscusso simbolo della Valle del Tanagro": il Carciofo Bianco, libro concretizzatosi grazie all'impegno della Pro Loco di Auletta, perché sono proprio le comunità rurali a stringersi intorno ai propri patrimoni agricoli.
Il libro è incentrato su identità, biodiversità e futuro de carciofo, soffermandosi sul Carciofo di Paestum, Schito, Capuanella, Montoro, Pignatella, Procida, Pietralcina, purchè sia "il guerriero dal tenero cuore", per dirla in termini nerudiani, originatosi in Sicilia intorno al I secolo a.C.
Piace "A tavola col Guerriero" per le sue Ricette quotidiane e Ricette d'Autore ed anche perché, come ha scritto la stessa Petitti, "è una sfida contro la perdita di identità. Una sfida di chi lotta contro la velocità che la nostra società ci impone, costringendoci a dedicare poco tempo alla nostra tavola, portandovi sempre meno cibi, tutti uguali e prodotti in serie". E le sfide come queste piacciono perché sono vere e tendono a recuperare sapori e mondi ormai perduti.
"Il vegetale dal tenero cuore", dunque, si vestì da guerriero divenendo il "vegetale armato" e continua oggi ad arricchire le nostre tavole mentre Antonella Petitti ce lo propone con stile e professionalità.
Claudia Izzo
Approda a Salerno l'Ammiraglia della GdF con 40 giovani "Finzy"
Quest’anno la Nave Ammiraglia della flotta della Guardia di Finanza “Giorgio Cini” ha scelto Salerno quale destinazione della sua mini-crociera nel Mediterraneo per i ragazzi del progetto “Giovani 2017 E … state con la Guardia di Finanza”.
L’iniziativa, a carattere formativo e ricreativo, è rivolta a giovani di età compresa tra i 16 e i 17 anni d’età, appassionati del mare e delle arti della navigazione, nonché ai coetanei vincitori del progetto nazionale “Educazione alla legalità economica 2017”, attivato nell’ambito del protocollo d’intesa stipulato tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Guardia di Finanza.
Con l’ausilio di esperti Finanzieri del contingente mare del Corpo i 40 giovani hanno la possibilità di coltivare e approfondire le proprie conoscenze marinaresche coniugandole con itinerari formativi di arte e cultura finalizzati ad incrementare i valori civili in termini di peculiare sensibilità per la legalità economica come loro raccomandato da Finzy, il piccolo grifone cartoon della Guardia di Finanza.
Sono previste, oltre alle diuturne esperienze di navigazione, visite ai centri internazionali di cultura e arte di Paestum, Amalfi e Positano, veri e propri tesori della Campania e della provincia di Salerno. La Nave Scuola che si slancia per 54 metri, varata nel 1970 e oggetto di donazione da parte della Fondazione “Cini” di Venezia al Corpo, è entrata in servizio nel 1984 con la benedizione dell’allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani, divenuto poi Papa “Giovanni Paolo I”.
L’unità navale, unica a conservare l’originario colore bianco rispetto al grigio d’ordinanza del Servizio Navale della Fiamme Gialle, rappresenta la “palestra naturale” per i giovani e i Finanzieri della nuova generazione, grazie a una moderna aula polifunzionale didatticoinformatica per conferenze in grado di ospitare 60 persone delle oltre 100 imbarcate tra allievi, istruttori ed equipaggio.
I giovani e i loro istruttori lasceranno Salerno venerdì per fare ritorno alla Scuola Nautica di Gaeta della Guardia di Finanza, concludendo la loro emozionante esperienza formativa a bordo della Nave Scuola e in Campania.
Redazione
Serie A2: La RARI nelle mani del "Gigante" Simone Santini
Simone Santini, classe 1997, anconetano, è il nuovo portiere della Campolongo Hospital R.N. Salerno. Giovanissimo, ma già con una discreta esperienza in serie A2, Santini proviene dalla Vela Nuoto Ancona società dove è cresciuto pallanuotisticamente. “Non vedo l’ora di cominciare la nuova avventura e ripagare la mia nuova società della fiducia concessami” sono le prime parole del neo portiere giallorosso.
Dalla stazza imponente, 1,91 cm di altezza per 81 kg di peso, Simone ha fatto tutta la trafila nelle nazionali giovanili, dall’under 15 all’under 20. Visibilmente soddisfatto della riuscita dell’operazione il Direttore Sportivo Mariano Rampolla: “Con l’ingaggio di Simone Santini abbiamo messo un altro importante tassello nella composizione della squadra. In verità non è stato semplice concludere questa operazione in quanto Simone era seguito da diverse squadre. Sono certo che con noi possa fare un grande campionato”. “Concordo – dice il Presidente Enrico Gallozzi – con quanto affermato dal direttore sportivo. Simone mi ha fatto davvero una ottima impressione. Ho visto un ragazzo determinato e sicuro di sé. Ora continueremo a lavorare per rendere la rosa più competitiva possibile”. “Ci siamo assicurati – dice infine il tecnico Matteo Citro - uno dei portieri under 20 più promettenti dell’intero panorama nazionale. Seguo Simone da diversi anni ed è un portiere che mi è sempre piaciuto. Nonostante altre offerte ha inteso sposare il nostro progetto e pertanto sono sicuro che farà bene e ci darà un importante contributo”.
Redazione
Serie A2: La RARI nelle mani del "Gigante" Simone Santini
Simone Santini, classe 1997, anconetano, è il nuovo portiere della Campolongo Hospital R.N. Salerno. Giovanissimo, ma già con una discreta esperienza in serie A2, Santini proviene dalla Vela Nuoto Ancona società dove è cresciuto pallanuotisticamente. “Non vedo l’ora di cominciare la nuova avventura e ripagare la mia nuova società della fiducia concessami” sono le prime parole del neo portiere giallorosso.
Dalla stazza imponente, 1,91 cm di altezza per 81 kg di peso, Simone ha fatto tutta la trafila nelle nazionali giovanili, dall’under 15 all’under 20. Visibilmente soddisfatto della riuscita dell’operazione il Direttore Sportivo Mariano Rampolla: “Con l’ingaggio di Simone Santini abbiamo messo un altro importante tassello nella composizione della squadra. In verità non è stato semplice concludere questa operazione in quanto Simone era seguito da diverse squadre. Sono certo che con noi possa fare un grande campionato”. “Concordo – dice il Presidente Enrico Gallozzi – con quanto affermato dal direttore sportivo. Simone mi ha fatto davvero una ottima impressione. Ho visto un ragazzo determinato e sicuro di sé. Ora continueremo a lavorare per rendere la rosa più competitiva possibile”. “Ci siamo assicurati – dice infine il tecnico Matteo Citro - uno dei portieri under 20 più promettenti dell’intero panorama nazionale. Seguo Simone da diversi anni ed è un portiere che mi è sempre piaciuto. Nonostante altre offerte ha inteso sposare il nostro progetto e pertanto sono sicuro che farà bene e ci darà un importante contributo”.
Redazione
La PET è arrivata a Vallo della Lucania
In una giornata organizzata magnificamente, un cielo con giusto qualche nuvola per esaltarne l’azzurro, un caldo intenso per far apprezzare maggiormente la frescura dell’interno e i grilli che hanno fornito uno splendido sottofondo musicale, si è svolta una vera festa alla Clinica Cobellis in Vallo della Lucania. Parterre di ospiti molto importante sia nel campo medico che in quello politico con il Presidente della Regione Campania, l'Onorevole Vincenzo De Luca e con l’aggiunta della presenza di Sua Eminenza Monsignor Ciro Miniero, Vescovo della Diocesi di Vallo, che con il suo immancabile sorriso ha solcato come Mosè una marea di ospiti per dare la sua benedizione a questa splendida iniziativa.
Occasione importantissima per Vallo, per il Cilento e non solo, tenuto conto che ora nella Clinica si può fare l’esame tomografico tramite la PET: “Positron Emission Tomography”, “Tomografia ad Emissione di Positroni”. Essa rappresenta una vera innovazione in quanto è in grado di fornire immagini molto precise e dettagliate sulla funzione di organi o tessuti del corpo umano riguardanti problemi tumorali e non solo. Ne consegue che l’utilizzo della PET sia un aiuto notevole ai medici per una diagnosi molto più accurata e precoce. Questo esame viene chiamato anche “Sugar Pet”, perché è in grado di valutare come avviene l’utilizzo nell’organismo di alcune molecole, prima tra tutte quelle dello zucchero, rendendole radioattive e quindi visibili da particolari strumenti, in quanto alcune cellule tumorali hanno un consumo di zucchero molto superiore di quelle sane. Dunque, questo “ dolce esame” potrebbe renderci la vita sicuramente più dolce.
E questo è stato sempre l’obiettivo che si è prefisso la “ Cobellis Dinasty” da ormai 70 anni. Questa dinastia cilentana di medici, ora arrivata alla quarta generazione, si è sempre impegnata per migliore la ricerca medica nell’ambito del territorio cilentano. E proprio il fatto che alle spalle della Clinica ci sia un’intera famiglia, che ha lavorato e lavora nei vari settori, ha fatto la differenza, in quanto la Clinica appare proprio come una famiglia, cosa che i pazienti riconoscono e apprezzano.
Come ha spiegato il dottor Luigi Cobellis, chirurgo, al centro di questa realtà c’è la persona; tanto caratterizza la Clinica perché la qualità del personale è al centro delle cose e questo significa che il primo investimento è sempre nel capitale umano. Il dr.Cobellis ha inoltre specificato che qui non si curano bronchiti, non si operano colon ma si curano e si operano persone.
Dalla prima operazione avvenuta nel lontano 1948 in una fredda giornata di dicembre, ad opera del fondatore Dott. Luigi Cobellis senior, la Casa di Cura si è trasformata in una moderna struttura ospedaliera che investe continuamente in ricerca scientifica e nuove tecnologie, come appunto la PET. Perché per la famiglia Cobellis è un’esigenza quella di restituire al Territorio quello che il Territorio ha loro dato, valutando non solo volumi ma esiti.
Molto bello anche il ricordo nostalgico ed emozionato del nipote del fondatore e suo omonimo, che ha raccontato delle infinita volte che ha accompagnato, prima il nonno e poi il padre, in clinica fin da bambino e che non c’è stato giorno in cui non ci fossero lavori di ristrutturazione o di ampliamento. Infatti il loro obiettivo è la capacità di dare risposte al territorio per fare in modo che i cittadini si possano curare qui, senza andare per forza altrove. Per esempio prima, per i problemi di tiroide, si andava a Pisa (centro d’eccellenza europeo), mentre ora, grazie ad una collaborazione proprio con la struttura ospedaliera di Pisa , si è ridotta la migrazione sanitaria.
A questo proposito ha preso la parola il dottor Enrico Coscioni, braccio destro dell’onorevole Vincenzo De Luca e suo consigliere alla Sanità, rimarcando che questa struttura svolge egregiamente il suo compito per evitare la migrazione passiva che pesa moltissimo sui costi della Sanità.
Il Direttore Massimo Cobellis si è rivolto direttamente al Presidente della Regione, ringraziandolo per il suo valorizzare queste iniziative private, consentendo così un servizio completo e rapido per un bacino di utenza così grande. Poi, orgogliosamente, ha fatto presente che la Clinica Cobellis, grazie a un accurato piano energetico messo in atto vari anni fa, è autonoma per il 99% del suo fabbisogno.Ha evidenziato, inoltre, l’interesse sociale per la medicina che si evince dallo sviluppo dato alla cura di due grandi problemi del nostro tempo, l’Obesità e l’Oncologia, avvalendosi della collaborazione di professori a livello europeo.
La Ginecologia, poi, rappresenta una piccola perla nell’ambito della Regione Campania. Il Presidente De Luca ha riconosciuto che una struttura non si regge per 70 anni se non ha una storia importante alle spalle ed ha fatto presente che la Sanità pubblica è l’asse portante della Sanità, ma sarebbe assurdo negare l’importanza di quella privata, perché l’obiettivo primario è quello di curare la “povera gente” con strutture pubbliche accreditate, giudicandole dalla qualità delle prestazioni e dalla correttezza amministrativa.
Il fatto che la Cobellis sia l’unica struttura privata convenzionata a Sud di Salerno rende necessario integrarla nelle Sanità Campana. Ovviamente, tutto deve essere caratterizzato da un rapporto di chiarezza per la qualità del servizio attesa.
A conclusione il Presidente, con il suo solito spirito ironico, ha parlato anche della Sanità napoletana e dei suoi problemi.
Si è poi passati a festeggiare negli incantevoli giardini della struttura. Bianchi gazebi dalle tende svolazzanti che custodivano al loro interno tesori di prelibatezze gastronomiche, sono stati messi a disposizione degli ospiti. Lo spirito ed il corpo si sono rinfrancati con specialità cilentane e con gli splendidi vini prodotti dalla loro azienda vinicola. E come diceva Virginia Wolf :” Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene- ed io aggiungerei vivere bene- se non si è mangiato bene”: perché la salute è il primo dovere e piacere della vita.
Rosanna Palumbo
L’eleganza del jazz partenopeo di Antonio Onorato. L'intervista
«È uno strumento troppo potente per stare in mano a tutti indistintamente. Internet ha dato una grande libertà, grazie alla diffusione dell’informazione ad ampio raggio, una cosa globale, con la possibilità di cercare tra più fonti. Resta però il problema della qualità e della credibilità di queste fonti. Entrando nello specifico della musica, ormai non esiste più l’industria discografica. Tutti sono diventati produttori, creando un gigantesco ingorgo “artistico”. Il fruitore si trova a barcamenarsi in un mare di melma. Sicuramente in questo mare di melma ci sarà qualcosa di buono, ma rischia di perdersi nella massa. Anche perché oggi va tutto così veloce che non credo siano in tanti disposti a fare ricerche per ore ed ore sul web. Tornando alla musica preferisco lo strapotere delle case discografiche al caos di oggi. Prima c’erano delle persone, si potenti, che decidevano determinate cose, ma molte di queste persone erano anche competenti. Una volta il disco era un punto di arrivo, oggi è un punto di partenza. Ricordo che i miei amici, quando realizzai il primo disco, nel 1989/90, avevo 24 anni, mi dicevano “caspita ora sei diventato importante”, perché registrare un disco non era alla portata di tutti, perché era molto costoso per le case discografiche, le sale di incisione costavano un occhio della testa. Presupponeva una produzione alle spalle per arrivare alla quale dovevi fare una certa trafila, la gavetta per capirci. Non sto a dirti quanti viaggi ho fatto tra Napoli e Milano, scomodi, di notte, in piedi dentro i corridoi dei vagoni, per riuscire a parlare con i discografici. Oggi con qualche click riesci a farti il disco in casa, grazie a software che ormai fanno tutto e se sei stonato c’è l’Auto-Tune che intona la voce. Certo la prova del nove arriva dal vivo, ma anche li ci sono soluzioni che risolvono i problemi. Alla fine ti rendi conto che troppo spesso conta più il personaggio che si riesce a creare che il musicista vero e proprio, poco importa se quel personaggio non sa suonare e non sa cantare. Dunque esorto i ragazzi ad essere più curiosi, a cercare a fondo, a sfruttare bene internet in quanto mezzo molto potente perché, nonostante tutto, qualcosa di buono c’è sempre. Noi negli anni ’80 lo facevamo recandoci nei negozi specializzati, come Millerecords a Roma, nei quali trovavi il disco d’importazione, trovavi quella specifica partitura o un particolare studio per chitarra. Però chiariamo una cosa, la ricerca fatta sul web, se fatta bene, sarà anche molto accurata ed approfondita, ma la conoscenza vera e proprio avviene solo sul campo. La conoscenza attraverso internet è quella virtuale, la conoscenza vera è quella che si apprende dal vivo, sul palco se fai il musicista e vuoi suonare dal vivo. Avviene scambiandosi le idee, andando ad ascoltare altri musicisti, dialogando con loro, scambiandosi anche informazioni»
Musicista e studioso, quale dei due prevale sull’altro?
«Decisamente il musicista. Lo studioso è parte di esso. Dedico quante più ore posso alla musica, perché sono nato per fare musica. È la mia missione in questa vita, per me è un’esigenza vitale, come respirare. Se mi togli la musica mi togli l’aria e muoio. Sono molto fatalista e credo che la missione assegnata a me è stata quella di esprimermi attraverso la musica e cercare di far stare bene le persone che usufruiscono di questa mia energia musicale. Ma io cerco anche di dare un messaggio, che risvegli le persone, ormai assopite, sedate dalla politica, quasi lobotomizzate da questa che agisce per i propri interessi. Le persone non ragionano più con la propria coscienza. Attraverso la musica provo a risvegliare la loro coscienza. Hai mai sentito parlare del nuovo ordine mondiale? Il potere economico che sta in mano alle banche che controllano tutto, cosi come l’organizzazione mondiale della sanità, è tutto teso non a curare e migliorare la condizione delle persone ma a controllarle. Tutto questo va contro l’etica dell’umanità. Per coloro che controllano il mondo, quelli che io chiamo burattinai, non contiamo nulla individualmente, siamo solo numeri. Questa cosa proprio non riesco a sopportarla. Ogni persona su questa terra è sacra, e comportamenti di questo tipo li voglio combattere, nel mio piccolo, con la musica»
Le ricerche che hai svolto recandoti in tanti luoghi sparsi nel mondo, immagino abbiano influenzato la tua musica.
«Si, le ricerche mi hanno influenzato moltissimo. Da musicista preferisco avere sempre un rapporto diretto con altri musicisti. Porto sempre con me la mia cultura e la confronto alla pari con le culture che incrocio e con le quali vengo in contatto. Non ho mai assunto un atteggiamento presuntuoso nei confronti di altri, ho sempre cercato di dialogare con le altre culture e assimilare da esse quegli elementi utili per il mio accrescimento, per la mia evoluzione sia dal punto di vista artistico che umano. La musica è di fatto un linguaggio universale e tramite essa riesci subito a creare un legame, un dialogo profondo, con le persone. Ricordo che feci un viaggio in Africa, da solo, invitato. Mi incontrai con dei musicisti africani e facemmo un po’ di prove prima del concerto. Facemmo un misto tra musica africana tradizionale, angolana, e proposi loro alcuni brani miei, abbastanza influenzati dalla musica napoletana. Porto sempre con me le mie radici e la mia cultura e ci tengo che già dalle prime note si senta che sono napoletano. Ricordo che ad un certo punto, dopo aver suonato brani angolani, gli feci suonare dei brani classici napoletani, ovviamente con gli opportuni arrangiamenti strumentali, tipo ‘O Marenariello. È stato incredibile ma sembravano musicisti napoletani. Ovviamente questo avviene quando c’è l’interazione giusta. In quel caso io avevo aperto i miei canali e si è creata l’intesa. Può anche non accadere, può succedere che non ci sia intesa»
Raccontaci della delegazione di musicisti a Baghdad nel 2002.
«Una delle esperienze più forti vissute nella mia vita. Partimmo con una delegazione di artisti alla quale arrivai tramite Michele Stallo, un mio amico fotografo. Lo scopo era fare un viaggio per protestare contro la guerra. Cosa che sarebbe accaduta da li a pochi mesi. Devo dire che mi imbarcai in questa avventura con molto coraggio. Ricordo che non potendo atterrare a Baghdad a causa dell’embargo, siamo atterrati da un’altra parte e ci siamo fatti mille chilometri di deserto con tre Jeep. C’erano giornalisti,scrittori, registi, fotografi, vari artisti, c’era anche Goran Kuzminac, cantautore italiano di origine serba. È stata un’esperienza pazzesca, molto formativa. Abbiamo fatto un concerto a Baghdad e uno a Baqubah e manifestazioni davanti alla sede dell’ONU, nei Suq facevamo delle lunghe processioni, tipo pifferaio magico, con tutte quelle persone che ci seguivano mentre alcuni musicisti suonavano percussioni e sax. Ripeto una esperienza meravigliosa. Gli iracheni, sono un popolo solido, con una cultura millenaria. Ho saputo solo dopo che per tutti i dieci giorni della delegazione siamo stati scortati, in modo silente e senza che ce ne accorgessimo, dai servizi segreti iracheni perché temevano un attentato contro di noi con la finalità di far ricadere la responsabilità proprio sugli iracheni e giustificare così un’invasione, quella stessa invasione che ci sarebbe stata da li a poche settimane. Ho conosciuto delle persone stupende che non hanno nulla da spartire con l’estremismo islamico, una popolazione fatta di persone semplici che non sono terroristi, piuttosto vittime dell’estremismo. Ai giovani dico che si deve viaggiare e non solo per vacanza, serve anche quello, ma viaggiare per conoscere e per imparare a rispettare tutti»
Viviamo in una terra ricca di bellezze e tesori. Uno di questi tesori è Pino Daniele. Raccontami della tua esperienza con lui.
«È vero, Pino Daniele è uno dei grandi tesori di Napoli. Esistono il tesoro di San Gennaro e Pino Daniele (ride). La considero una grande fortuna avere avuto la possibilità di lavorare con lui. Una persona con pregi e difetti come tutti, ovviamente, e nel nostro ambiente spesso lo ricordano per questi ultimi. Ma la verità è che Pino aveva una grande personalità, molto forte, e un difetto per quanto piccolo, per gli altri diventa una cosa enorme. Io, invece, ho sempre fatto molta attenzione ai suoi pregi. È stata una persona che ha fatto tanto per gli altri. Si è detto che lui non avrebbe aiutato, la madre e i fratelli. Non è affatto vero! Ha sempre aiutato la sua famiglia in molti modi e le dicerie contrarie sono solo leggende metropolitane. Era una persona che se poteva fare qualcosa la faceva. Inoltre aveva imparato a tenere molto a bada il proprio “io”. L’ego di ognuno di noi a volte può diventare anche molto pericoloso, è quello che ti confonde le idee, ma Pino riusciva a controllarlo. Lui era Pino Daniele e lo sapeva, ma non mi ha mai fatto pesare questa cosa. Quando parlavo con lui era come se parlassi con un mio amico d’infanzia non con Pino Daniele, il grande artista, e per me è stato un enorme insegnamento. Aggiungo pure che questa caratteristica l’ho ritrovata anche in altri grandi artisti e ho capito che sono le mezze calzette quelle che fanno emergere il proprio ego a dismisura e nella maniera sbagliata. Nel caso di Pino posso dire che lui era sempre proiettato verso l’interlocutore e mai su se stesso. Quando suonavamo, spesso mi diceva “bella questa cosa, come la fai? Fammi vedere... Caspita, quando fai queste cose sei eccezionale”. Queste parole lasciano il segno se a dirtele è uno che si chiama Pino Daniele. Nel 1997, ero giovane, Pino fece una tournee trionfale negli stadi ed io fui invitato ad aprire quella tournee. Eravamo due artisti, io e Joe Barbieri, che lui sponsorizzava. Noi aprivamo il concerto e poi arrivava lui e c’era anche James Senese che era tornato a suonare con lui dopo non so quanti anni. Non sto a dirti che emozione quando salivo sul palco e mi trovavo davanti a cinquanta, centomila persone, come a Palermo allo stadio La Favorita. E chi le aveva mai viste tante persone in una sola volta, io ero abituato ai piccoli club. L’applauso di tutta quella gente durante un assolo ti arrivava letteralmente addosso, sentivi un vero e proprio boato. Una sensazione pazzesca! Per fortuna mi è sempre andata bene e non mi sono mai fatto prendere dall’emozione. E Pino non perdeva mai l’occasione per farmi i complimenti, anzi quando, qualche volta, dopo il concerto me ne stavo da solo, lui mi chiamava perché stessimo insieme. Si era instaurato un bellissimo rapporto, una bella intesa professionale e umana. Lui mi dava praticamente carta bianca, potevo suonare quello che volevo per il tempo che volevo, agli altri invece dava precise istruzioni su cosa dovessero fare e come farlo. Joe Amoruso, mi diceva sempre “ma tu a chist’ che glia hai fatto, non è possibile che tu puoi fare quello che vuoi… e non ti dice mai nulla”. Ti racconto un aneddoto. Eravamo in hotel a Pescara, e io e Pino eravamo di fronte alla reception. Ad un certo punto arrivano delle persone che riconoscono Pino Daniele e gli chiedono un autografo. Lui si rivolge a queste persone dicendo: “vi faccio l’autografo a patto che lo chiediate anche alla persona che è con me. Sapete lui chi è? Si chiama Antonio Onorato ed è un grande chitarrista”. Ero senza parole! E lì mi resi conto della grande umiltà di Pino Daniele. Per me è stata una lezione importante e da allora mi comporto alla stessa maniera ogni volta che mi capita una situazione analoga»
Un’intesa di questo tipo puoi dire di averla avuta anche con altri importanti musicisti? Per citarne uno John Scofield.
«Scofield è una persona amabilissima, con lui ho seguito un seminario a Ravenna. Ne seguivo anche molti altri tenuti da chitarristi altrettanto importanti, tipo Pat Metheny, John Abercrombie e tornavo a casa con quaderni di appunti sui quali avrei potuto studiare per i successivi cinquant’anni. Studiare con questi grandi musicisti ha un valore formativo inestimabile. Avevo venti anni ed ero molto timido. Durante i seminari gli insegnanti ti invitavano a suonare con loro e Scofield dopo aver suonato con me mi chiese l’età e disse “mi sarebbe piaciuto suonare la chitarra a vent’anni come la suoni tu”. Terminato il seminario, era consuetudine far autografare il blocco degli appunti dall'insegnante e quando fu il mio turno lui mi vide, mi sorrise dicendomi “ah, sei tu...” e scrisse, prima della sua firma, “you sound good”. Nonostante questi episodi, che comunque sono molto importanti per me, no, nessuna intesa speciale con loro come invece c’è stata con Pino. Pino per me era un fratello maggiore»
Non è un caso che ti ho citato Scofield. Lui ha suonato in un noto centro commerciale della Campania. Ma non pensi che per la musica ci vorrebbero i posti giusti e non i centri commerciali?
«Anche io ho suonato in quel centro commerciale, e questo è lo specchio della nostra società. I soldi sono lì. Oggi se volessi organizzare un concerto di Scofield, da privato, andrei incontro a tanti di quei problemi burocratici, che passa la voglia dopo pochi minuti. Senza contare che oggi è sempre un'incognita quando organizzi un concerto. La gente partecipa sempre meno. Anche Pat Metheny a Napoli quest’anno non ha fatto il sold out. Non ci sono più certezze. Fortunatamente, almeno in quel centro commerciale, c'è qualcuno che è appassionato di jazz e chiama nomi importanti. Alla fine dei conti meglio concerti nei centri commerciali con l'acustica pessima e ambienti dispersivi che niente concerti. Certo se non conosci Scofileld non credo che in quella location potrai apprezzarlo, però in questo momento meglio quello che niente.
Diciamo pure che a Napoli, in questo momento, non ci sono locali dove suonare il jazz... per non parlare del cartellone di “Estate a Napoli”. Veramente vergognoso. Senza nulla togliere agli artisti, Napoli è una città che ha espresso, dal punto di vista culturale, cose straordinarie. Il mio musicista preferito è Mozart e sono convinto che è stato influenzato dalla musica napoletana. Conosco questo musicista molto bene, Lui ha soggiornato per ben due volte a Napoli, da adolescente e successivamente presso la corte dei Borbone, e quando è stato qui ha assimilato la nostra musica. Nel '700 venire a Napoli era come andare a New York oggi. A Napoli avevamo, Mercadante, Cimarosa, musicisti straordinari. Ti risulta che a Napoli si faccia un festival dedicato al ‘700 napoletano? Un festival che abbia una rilevanza internazionale? Come invece dovrebbe essere. Se vai in Austria, Mozart è ovunque pure sui cioccolatini. C'è una responsabilità delle istituzioni, con i politici che non sono in grado di fare una cosa del genere. Non si investe abbastanza sulla cultura e su ciò che di meglio ha espresso questa città. Un altro esempio? Esiste la grande tradizione della canzone napoletana, il turista che viene in città dove può ascoltare 'O Sole Mio, la canzone napoletana più famosa nel mondo? Se è fortunato solo da qualche “posteggiatore” nei ristoranti sul lungomare. Non esiste un luogo dove poter ascoltare seriamente la canzone classica napoletana. È come andare a Rio e non trovare alcun locale dove poter ascoltare una Bossa Nova. A Rio esiste il museo della Bossa Nova dove fanno concerti tutti i giorni. Vai a New York e trovi il Blue Note, tempio del jazz, vai a Londra e ogni sera puoi assistere ad un concerto rock. Perché a Napoli non ci sono cose di questo tipo? A Napoli dovresti ascoltare musica napoletana classica, musica folk, compresi i neomelodici e la sceneggiata di Mario Merola, e insieme a tutto ciò poter assister anche a concerti di musiche di Mercadante e Cimarosa oltre alle nuove tendenze della musica napoletana. Perché non c'è tutto questo? Perché non è possibile fruire di questo straordinario patrimonio che abbiamo?»
Il disco con Franco Cerri è stata una cosa importante, vero?
«É il disco più bello che ho fatto fin'ora. Franco è il jazzista più importante che abbiamo in Italia, una vera leggenda, che ora ha 91 anni e ovviamente suona sempre meno. Noi abbiamo suonato insieme per più di 15 anni e abbiamo fatto tanti concerti. Lui rappresenta la memoria storica del jazz italiano. E forse anche mondiale, visto che ha suonato con Billie Holiday, Django Reinhardt. Stéphane Grappelli. Anche loro autentiche leggende. Il rapporto con Franco è stato un grande arricchimento musicale e umano»
Chiudiamo parlando del tuo prossimo disco.
«Il mio prossimo disco sarà un lavoro molto particolare. Dopo tanti anni ho deciso anche di cantare. Sia chiaro io non voglio fare il cantante, sono sempre un musicista. Ho scoperto che so anche cantare e perché non farlo? Non l'ho fatto fino ad ora per una forma di pudore. Io suono dall'età di sei anni, ma quando ne avevo 16 già avevo una band e cantavo. Conosco tutte le canzoni dei Beatles per esempio, ma facevamo anche cover di Jimi Hendrix. Ero un chitarrista rock-blues che cantava anche. Ma in effetti non volevo essere identificato come cantante, io mi sentivo chitarrista. Questa cosa, pensa, è successa anche a Pino Daniele. Lui non voleva cantare, recentemente Tony Esposito mi ha confermato questa cosa, lui aveva intenzione di realizzare un progetto nel quale voleva solo suonare la chitarra. Willy David, lo spinse a cantare, per fortuna. Insomma il canto, anche per Pino è stato quasi un ripiego. Pure lui come me era proiettato sulla chitarra. Una volta mi disse “ma tu che pienz', pure a me mi sarebbe piaciuto diventare come Miles Davis”, intendeva come musicista... (ride). Comunque tornando a noi io non mi sentivo cantante, poi iniziai ad innamorarmi del jazz e il mio studio divenne sempre più approfondito e finii per non cantare più concentrandomi prevalentemente sulla chitarra. Oggi, si è sbloccato qualcosa e ho ripreso a cantare qualche blues, e poi registrandomi mi sono reso conto che la voce non era male e ho deciso di lavorarci su e l'ho fatto per più di un anno e mezzo. Nel prossimo disco ci saranno quattro brani cantati (due in italiano, un blues in napoletano e uno cantato in italiano e inglese) e otto strumentali. Il disco uscirà ad ottobre prossimo. Ho rimesso su la mia formazione degli esordi con Piero De Asmundis al piano, Mario De Paola alla batteria, Angelo Farias al basso, Luigi di Nunzio al sax, giovane e già un grande musicista jazz più altri musicisti tutti napoletani»
La chiacchierata sarebbe potuta andata avanti per altre due ore ma ho deciso di dare tregua ad Antonio che è stato letteralmente un fiume in piena. Grazie Antonio per la tua gentilezza e la tua generosità.
Nicola Olivieri
Serie A2: La RARI nele mani del "Gigante" Simone Santini
Simone Santini, classe 1997, anconetano, è il nuovo portiere della Campolongo Hospital R.N. Salerno. Giovanissimo, ma già con una discreta esperienza in serie A2, Santini proviene dalla Vela Nuoto Ancona società dove è cresciuto pallanuotisticamente. “Non vedo l’ora di cominciare la nuova avventura e ripagare la mia nuova società della fiducia concessami” sono le prime parole del neo portiere giallorosso.
Dalla stazza imponente, 1,91 cm di altezza per 81 kg di peso, Simone ha fatto tutta la trafila nelle nazionali giovanili, dall’under 15 all’under 20. Visibilmente soddisfatto della riuscita dell’operazione il Direttore Sportivo Mariano Rampolla: “Con l’ingaggio di Simone Santini abbiamo messo un altro importante tassello nella composizione della squadra. In verità non è stato semplice concludere questa operazione in quanto Simone era seguito da diverse squadre. Sono certo che con noi possa fare un grande campionato”. “Concordo – dice il Presidente Enrico Gallozzi – con quanto affermato dal direttore sportivo. Simone mi ha fatto davvero una ottima impressione. Ho visto un ragazzo determinato e sicuro di sé. Ora continueremo a lavorare per rendere la rosa più competitiva possibile”. “Ci siamo assicurati – dice infine il tecnico Matteo Citro - uno dei portieri under 20 più promettenti dell’intero panorama nazionale. Seguo Simone da diversi anni ed è un portiere che mi è sempre piaciuto. Nonostante altre offerte ha inteso sposare il nostro progetto e pertanto sono sicuro che farà bene e ci darà un importante contributo”.
Redazione
Scafati: furto di energia elettrica e acqua della rete pubblica
Direzione
Il trasformismo al Teatro Verdi: "Brachetti che sorpresa !"
Direzione
L’eleganza del jazz partenopeo di Antonio Onorato. L'intervista
«È uno strumento troppo potente per stare in mano a tutti indistintamente. Internet ha dato una grande libertà, grazie alla diffusione dell’informazione ad ampio raggio, una cosa globale, con la possibilità di cercare tra più fonti. Resta però il problema della qualità e della credibilità di queste fonti. Entrando nello specifico della musica, ormai non esiste più l’industria discografica. Tutti sono diventati produttori, creando un gigantesco ingorgo “artistico”. Il fruitore si trova a barcamenarsi in un mare di melma. Sicuramente in questo mare di melma ci sarà qualcosa di buono, ma rischia di perdersi nella massa. Anche perché oggi va tutto così veloce che non credo siano in tanti disposti a fare ricerche per ore ed ore sul web. Tornando alla musica preferisco lo strapotere delle case discografiche al caos di oggi. Prima c’erano delle persone, si potenti, che decidevano determinate cose, ma molte di queste persone erano anche competenti. Una volta il disco era un punto di arrivo, oggi è un punto di partenza. Ricordo che i miei amici, quando realizzai il primo disco, nel 1989/90, avevo 24 anni, mi dicevano “caspita ora sei diventato importante”, perché registrare un disco non era alla portata di tutti, perché era molto costoso per le case discografiche, le sale di incisione costavano un occhio della testa. Presupponeva una produzione alle spalle per arrivare alla quale dovevi fare una certa trafila, la gavetta per capirci. Non sto a dirti quanti viaggi ho fatto tra Napoli e Milano, scomodi, di notte, in piedi dentro i corridoi dei vagoni, per riuscire a parlare con i discografici. Oggi con qualche click riesci a farti il disco in casa, grazie a software che ormai fanno tutto e se sei stonato c’è l’Auto-Tune che intona la voce. Certo la prova del nove arriva dal vivo, ma anche li ci sono soluzioni che risolvono i problemi. Alla fine ti rendi conto che troppo spesso conta più il personaggio che si riesce a creare che il musicista vero e proprio, poco importa se quel personaggio non sa suonare e non sa cantare. Dunque esorto i ragazzi ad essere più curiosi, a cercare a fondo, a sfruttare bene internet in quanto mezzo molto potente perché, nonostante tutto, qualcosa di buono c’è sempre. Noi negli anni ’80 lo facevamo recandoci nei negozi specializzati, come Millerecords a Roma, nei quali trovavi il disco d’importazione, trovavi quella specifica partitura o un particolare studio per chitarra. Però chiariamo una cosa, la ricerca fatta sul web, se fatta bene, sarà anche molto accurata ed approfondita, ma la conoscenza vera e proprio avviene solo sul campo. La conoscenza attraverso internet è quella virtuale, la conoscenza vera è quella che si apprende dal vivo, sul palco se fai il musicista e vuoi suonare dal vivo. Avviene scambiandosi le idee, andando ad ascoltare altri musicisti, dialogando con loro, scambiandosi anche informazioni»
Musicista e studioso, quale dei due prevale sull’altro?
«Decisamente il musicista. Lo studioso è parte di esso. Dedico quante più ore posso alla musica, perché sono nato per fare musica. È la mia missione in questa vita, per me è un’esigenza vitale, come respirare. Se mi togli la musica mi togli l’aria e muoio. Sono molto fatalista e credo che la missione assegnata a me è stata quella di esprimermi attraverso la musica e cercare di far stare bene le persone che usufruiscono di questa mia energia musicale. Ma io cerco anche di dare un messaggio, che risvegli le persone, ormai assopite, sedate dalla politica, quasi lobotomizzate da questa che agisce per i propri interessi. Le persone non ragionano più con la propria coscienza. Attraverso la musica provo a risvegliare la loro coscienza. Hai mai sentito parlare del nuovo ordine mondiale? Il potere economico che sta in mano alle banche che controllano tutto, cosi come l’organizzazione mondiale della sanità, è tutto teso non a curare e migliorare la condizione delle persone ma a controllarle. Tutto questo va contro l’etica dell’umanità. Per coloro che controllano il mondo, quelli che io chiamo burattinai, non contiamo nulla individualmente, siamo solo numeri. Questa cosa proprio non riesco a sopportarla. Ogni persona su questa terra è sacra, e comportamenti di questo tipo li voglio combattere, nel mio piccolo, con la musica»
Le ricerche che hai svolto recandoti in tanti luoghi sparsi nel mondo, immagino abbiano influenzato la tua musica.
«Si, le ricerche mi hanno influenzato moltissimo. Da musicista preferisco avere sempre un rapporto diretto con altri musicisti. Porto sempre con me la mia cultura e la confronto alla pari con le culture che incrocio e con le quali vengo in contatto. Non ho mai assunto un atteggiamento presuntuoso nei confronti di altri, ho sempre cercato di dialogare con le altre culture e assimilare da esse quegli elementi utili per il mio accrescimento, per la mia evoluzione sia dal punto di vista artistico che umano. La musica è di fatto un linguaggio universale e tramite essa riesci subito a creare un legame, un dialogo profondo, con le persone. Ricordo che feci un viaggio in Africa, da solo, invitato. Mi incontrai con dei musicisti africani e facemmo un po’ di prove prima del concerto. Facemmo un misto tra musica africana tradizionale, angolana, e proposi loro alcuni brani miei, abbastanza influenzati dalla musica napoletana. Porto sempre con me le mie radici e la mia cultura e ci tengo che già dalle prime note si senta che sono napoletano. Ricordo che ad un certo punto, dopo aver suonato brani angolani, gli feci suonare dei brani classici napoletani, ovviamente con gli opportuni arrangiamenti strumentali, tipo ‘O Marenariello. È stato incredibile ma sembravano musicisti napoletani. Ovviamente questo avviene quando c’è l’interazione giusta. In quel caso io avevo aperto i miei canali e si è creata l’intesa. Può anche non accadere, può succedere che non ci sia intesa»
Raccontaci della delegazione di musicisti a Baghdad nel 2002.
«Una delle esperienze più forti vissute nella mia vita. Partimmo con una delegazione di artisti alla quale arrivai tramite Michele Stallo, un mio amico fotografo. Lo scopo era fare un viaggio per protestare contro la guerra. Cosa che sarebbe accaduta da li a pochi mesi. Devo dire che mi imbarcai in questa avventura con molto coraggio. Ricordo che non potendo atterrare a Baghdad a causa dell’embargo, siamo atterrati da un’altra parte e ci siamo fatti mille chilometri di deserto con tre Jeep. C’erano giornalisti,scrittori, registi, fotografi, vari artisti, c’era anche Goran Kuzminac, cantautore italiano di origine serba. È stata un’esperienza pazzesca, molto formativa. Abbiamo fatto un concerto a Baghdad e uno a Baqubah e manifestazioni davanti alla sede dell’ONU, nei Suq facevamo delle lunghe processioni, tipo pifferaio magico, con tutte quelle persone che ci seguivano mentre alcuni musicisti suonavano percussioni e sax. Ripeto una esperienza meravigliosa. Gli iracheni, sono un popolo solido, con una cultura millenaria. Ho saputo solo dopo che per tutti i dieci giorni della delegazione siamo stati scortati, in modo silente e senza che ce ne accorgessimo, dai servizi segreti iracheni perché temevano un attentato contro di noi con la finalità di far ricadere la responsabilità proprio sugli iracheni e giustificare così un’invasione, quella stessa invasione che ci sarebbe stata da li a poche settimane. Ho conosciuto delle persone stupende che non hanno nulla da spartire con l’estremismo islamico, una popolazione fatta di persone semplici che non sono terroristi, piuttosto vittime dell’estremismo. Ai giovani dico che si deve viaggiare e non solo per vacanza, serve anche quello, ma viaggiare per conoscere e per imparare a rispettare tutti»
Viviamo in una terra ricca di bellezze e tesori. Uno di questi tesori è Pino Daniele. Raccontami della tua esperienza con lui.
«È vero, Pino Daniele è uno dei grandi tesori di Napoli. Esistono il tesoro di San Gennaro e Pino Daniele (ride). La considero una grande fortuna avere avuto la possibilità di lavorare con lui. Una persona con pregi e difetti come tutti, ovviamente, e nel nostro ambiente spesso lo ricordano per questi ultimi. Ma la verità è che Pino aveva una grande personalità, molto forte, e un difetto per quanto piccolo, per gli altri diventa una cosa enorme. Io, invece, ho sempre fatto molta attenzione ai suoi pregi. È stata una persona che ha fatto tanto per gli altri. Si è detto che lui non avrebbe aiutato, la madre e i fratelli. Non è affatto vero! Ha sempre aiutato la sua famiglia in molti modi e le dicerie contrarie sono solo leggende metropolitane. Era una persona che se poteva fare qualcosa la faceva. Inoltre aveva imparato a tenere molto a bada il proprio “io”. L’ego di ognuno di noi a volte può diventare anche molto pericoloso, è quello che ti confonde le idee, ma Pino riusciva a controllarlo. Lui era Pino Daniele e lo sapeva, ma non mi ha mai fatto pesare questa cosa. Quando parlavo con lui era come se parlassi con un mio amico d’infanzia non con Pino Daniele, il grande artista, e per me è stato un enorme insegnamento. Aggiungo pure che questa caratteristica l’ho ritrovata anche in altri grandi artisti e ho capito che sono le mezze calzette quelle che fanno emergere il proprio ego a dismisura e nella maniera sbagliata. Nel caso di Pino posso dire che lui era sempre proiettato verso l’interlocutore e mai su se stesso. Quando suonavamo, spesso mi diceva “bella questa cosa, come la fai? Fammi vedere... Caspita, quando fai queste cose sei eccezionale”. Queste parole lasciano il segno se a dirtele è uno che si chiama Pino Daniele. Nel 1997, ero giovane, Pino fece una tournee trionfale negli stadi ed io fui invitato ad aprire quella tournee. Eravamo due artisti, io e Joe Barbieri, che lui sponsorizzava. Noi aprivamo il concerto e poi arrivava lui e c’era anche James Senese che era tornato a suonare con lui dopo non so quanti anni. Non sto a dirti che emozione quando salivo sul palco e mi trovavo davanti a cinquanta, centomila persone, come a Palermo allo stadio La Favorita. E chi le aveva mai viste tante persone in una sola volta, io ero abituato ai piccoli club. L’applauso di tutta quella gente durante un assolo ti arrivava letteralmente addosso, sentivi un vero e proprio boato. Una sensazione pazzesca! Per fortuna mi è sempre andata bene e non mi sono mai fatto prendere dall’emozione. E Pino non perdeva mai l’occasione per farmi i complimenti, anzi quando, qualche volta, dopo il concerto me ne stavo da solo, lui mi chiamava perché stessimo insieme. Si era instaurato un bellissimo rapporto, una bella intesa professionale e umana. Lui mi dava praticamente carta bianca, potevo suonare quello che volevo per il tempo che volevo, agli altri invece dava precise istruzioni su cosa dovessero fare e come farlo. Joe Amoruso, mi diceva sempre “ma tu a chist’ che glia hai fatto, non è possibile che tu puoi fare quello che vuoi… e non ti dice mai nulla”. Ti racconto un aneddoto. Eravamo in hotel a Pescara, e io e Pino eravamo di fronte alla reception. Ad un certo punto arrivano delle persone che riconoscono Pino Daniele e gli chiedono un autografo. Lui si rivolge a queste persone dicendo: “vi faccio l’autografo a patto che lo chiediate anche alla persona che è con me. Sapete lui chi è? Si chiama Antonio Onorato ed è un grande chitarrista”. Ero senza parole! E lì mi resi conto della grande umiltà di Pino Daniele. Per me è stata una lezione importante e da allora mi comporto alla stessa maniera ogni volta che mi capita una situazione analoga»
Un’intesa di questo tipo puoi dire di averla avuta anche con altri importanti musicisti? Per citarne uno John Scofield.
«Scofield è una persona amabilissima, con lui ho seguito un seminario a Ravenna. Ne seguivo anche molti altri tenuti da chitarristi altrettanto importanti, tipo Pat Metheny, John Abercrombie e tornavo a casa con quaderni di appunti sui quali avrei potuto studiare per i successivi cinquant’anni. Studiare con questi grandi musicisti ha un valore formativo inestimabile. Avevo venti anni ed ero molto timido. Durante i seminari gli insegnanti ti invitavano a suonare con loro e Scofield dopo aver suonato con me mi chiese l’età e disse “mi sarebbe piaciuto suonare la chitarra a vent’anni come la suoni tu”. Terminato il seminario, era consuetudine far autografare il blocco degli appunti dall'insegnante e quando fu il mio turno lui mi vide, mi sorrise dicendomi “ah, sei tu...” e scrisse, prima della sua firma, “you sound good”. Nonostante questi episodi, che comunque sono molto importanti per me, no, nessuna intesa speciale con loro come invece c’è stata con Pino. Pino per me era un fratello maggiore»
Non è un caso che ti ho citato Scofield. Lui ha suonato in un noto centro commerciale della Campania. Ma non pensi che per la musica ci vorrebbero i posti giusti e non i centri commerciali?
«Anche io ho suonato in quel centro commerciale, e questo è lo specchio della nostra società. I soldi sono lì. Oggi se volessi organizzare un concerto di Scofield, da privato, andrei incontro a tanti di quei problemi burocratici, che passa la voglia dopo pochi minuti. Senza contare che oggi è sempre un'incognita quando organizzi un concerto. La gente partecipa sempre meno. Anche Pat Metheny a Napoli quest’anno non ha fatto il sold out. Non ci sono più certezze. Fortunatamente, almeno in quel centro commerciale, c'è qualcuno che è appassionato di jazz e chiama nomi importanti. Alla fine dei conti meglio concerti nei centri commerciali con l'acustica pessima e ambienti dispersivi che niente concerti. Certo se non conosci Scofileld non credo che in quella location potrai apprezzarlo, però in questo momento meglio quello che niente.
Diciamo pure che a Napoli, in questo momento, non ci sono locali dove suonare il jazz... per non parlare del cartellone di “Estate a Napoli”. Veramente vergognoso. Senza nulla togliere agli artisti, Napoli è una città che ha espresso, dal punto di vista culturale, cose straordinarie. Il mio musicista preferito è Mozart e sono convinto che è stato influenzato dalla musica napoletana. Conosco questo musicista molto bene, Lui ha soggiornato per ben due volte a Napoli, da adolescente e successivamente presso la corte dei Borbone, e quando è stato qui ha assimilato la nostra musica. Nel '700 venire a Napoli era come andare a New York oggi. A Napoli avevamo, Mercadante, Cimarosa, musicisti straordinari. Ti risulta che a Napoli si faccia un festival dedicato al ‘700 napoletano? Un festival che abbia una rilevanza internazionale? Come invece dovrebbe essere. Se vai in Austria, Mozart è ovunque pure sui cioccolatini. C'è una responsabilità delle istituzioni, con i politici che non sono in grado di fare una cosa del genere. Non si investe abbastanza sulla cultura e su ciò che di meglio ha espresso questa città. Un altro esempio? Esiste la grande tradizione della canzone napoletana, il turista che viene in città dove può ascoltare 'O Sole Mio, la canzone napoletana più famosa nel mondo? Se è fortunato solo da qualche “posteggiatore” nei ristoranti sul lungomare. Non esiste un luogo dove poter ascoltare seriamente la canzone classica napoletana. È come andare a Rio e non trovare alcun locale dove poter ascoltare una Bossa Nova. A Rio esiste il museo della Bossa Nova dove fanno concerti tutti i giorni. Vai a New York e trovi il Blue Note, tempio del jazz, vai a Londra e ogni sera puoi assistere ad un concerto rock. Perché a Napoli non ci sono cose di questo tipo? A Napoli dovresti ascoltare musica napoletana classica, musica folk, compresi i neomelodici e la sceneggiata di Mario Merola, e insieme a tutto ciò poter assister anche a concerti di musiche di Mercadante e Cimarosa oltre alle nuove tendenze della musica napoletana. Perché non c'è tutto questo? Perché non è possibile fruire di questo straordinario patrimonio che abbiamo?»
Il disco con Franco Cerri è stata una cosa importante, vero?
«É il disco più bello che ho fatto fin'ora. Franco è il jazzista più importante che abbiamo in Italia, una vera leggenda, che ora ha 91 anni e ovviamente suona sempre meno. Noi abbiamo suonato insieme per più di 15 anni e abbiamo fatto tanti concerti. Lui rappresenta la memoria storica del jazz italiano. E forse anche mondiale, visto che ha suonato con Billie Holiday, Django Reinhardt. Stéphane Grappelli. Anche loro autentiche leggende. Il rapporto con Franco è stato un grande arricchimento musicale e umano»
Chiudiamo parlando del tuo prossimo disco.
«Il mio prossimo disco sarà un lavoro molto particolare. Dopo tanti anni ho deciso anche di cantare. Sia chiaro io non voglio fare il cantante, sono sempre un musicista. Ho scoperto che so anche cantare e perché non farlo? Non l'ho fatto fino ad ora per una forma di pudore. Io suono dall'età di sei anni, ma quando ne avevo 16 già avevo una band e cantavo. Conosco tutte le canzoni dei Beatles per esempio, ma facevamo anche cover di Jimi Hendrix. Ero un chitarrista rock-blues che cantava anche. Ma in effetti non volevo essere identificato come cantante, io mi sentivo chitarrista. Questa cosa, pensa, è successa anche a Pino Daniele. Lui non voleva cantare, recentemente Tony Esposito mi ha confermato questa cosa, lui aveva intenzione di realizzare un progetto nel quale voleva solo suonare la chitarra. Willy David, lo spinse a cantare, per fortuna. Insomma il canto, anche per Pino è stato quasi un ripiego. Pure lui come me era proiettato sulla chitarra. Una volta mi disse “ma tu che pienz', pure a me mi sarebbe piaciuto diventare come Miles Davis”, intendeva come musicista... (ride). Comunque tornando a noi io non mi sentivo cantante, poi iniziai ad innamorarmi del jazz e il mio studio divenne sempre più approfondito e finii per non cantare più concentrandomi prevalentemente sulla chitarra. Oggi, si è sbloccato qualcosa e ho ripreso a cantare qualche blues, e poi registrandomi mi sono reso conto che la voce non era male e ho deciso di lavorarci su e l'ho fatto per più di un anno e mezzo. Nel prossimo disco ci saranno quattro brani cantati (due in italiano, un blues in napoletano e uno cantato in italiano e inglese) e otto strumentali. Il disco uscirà ad ottobre prossimo. Ho rimesso su la mia formazione degli esordi con Piero De Asmundis al piano, Mario De Paola alla batteria, Angelo Farias al basso, Luigi di Nunzio al sax, giovane e già un grande musicista jazz più altri musicisti tutti napoletani»
La chiacchierata sarebbe potuta andata avanti per altre due ore ma ho deciso di dare tregua ad Antonio che è stato letteralmente un fiume in piena. Grazie Antonio per la tua gentilezza e la tua generosità.
Nicola Olivieri
L’eleganza del jazz partenopeo di Antonio Onorato. L'intervista
«È uno strumento troppo potente per stare in mano a tutti indistintamente. Internet ha dato una grande libertà, grazie alla diffusione dell’informazione ad ampio raggio, una cosa globale, con la possibilità di cercare tra più fonti. Resta però il problema della qualità e della credibilità di queste fonti. Entrando nello specifico della musica, ormai non esiste più l’industria discografica. Tutti sono diventati produttori, creando un gigantesco ingorgo “artistico”. Il fruitore si trova a barcamenarsi in un mare di melma. Sicuramente in questo mare di melma ci sarà qualcosa di buono, ma rischia di perdersi nella massa. Anche perché oggi va tutto così veloce che non credo siano in tanti disposti a fare ricerche per ore ed ore sul web. Tornando alla musica preferisco lo strapotere delle case discografiche al caos di oggi. Prima c’erano delle persone, si potenti, che decidevano determinate cose, ma molte di queste persone erano anche competenti. Una volta il disco era un punto di arrivo, oggi è un punto di partenza. Ricordo che i miei amici, quando realizzai il primo disco, nel 1989/90, avevo 24 anni, mi dicevano “caspita ora sei diventato importante”, perché registrare un disco non era alla portata di tutti, perché era molto costoso per le case discografiche, le sale di incisione costavano un occhio della testa. Presupponeva una produzione alle spalle per arrivare alla quale dovevi fare una certa trafila, la gavetta per capirci. Non sto a dirti quanti viaggi ho fatto tra Napoli e Milano, scomodi, di notte, in piedi dentro i corridoi dei vagoni, per riuscire a parlare con i discografici. Oggi con qualche click riesci a farti il disco in casa, grazie a software che ormai fanno tutto e se sei stonato c’è l’Auto-Tune che intona la voce. Certo la prova del nove arriva dal vivo, ma anche li ci sono soluzioni che risolvono i problemi. Alla fine ti rendi conto che troppo spesso conta più il personaggio che si riesce a creare che il musicista vero e proprio, poco importa se quel personaggio non sa suonare e non sa cantare. Dunque esorto i ragazzi ad essere più curiosi, a cercare a fondo, a sfruttare bene internet in quanto mezzo molto potente perché, nonostante tutto, qualcosa di buono c’è sempre. Noi negli anni ’80 lo facevamo recandoci nei negozi specializzati, come Millerecords a Roma, nei quali trovavi il disco d’importazione, trovavi quella specifica partitura o un particolare studio per chitarra. Però chiariamo una cosa, la ricerca fatta sul web, se fatta bene, sarà anche molto accurata ed approfondita, ma la conoscenza vera e proprio avviene solo sul campo. La conoscenza attraverso internet è quella virtuale, la conoscenza vera è quella che si apprende dal vivo, sul palco se fai il musicista e vuoi suonare dal vivo. Avviene scambiandosi le idee, andando ad ascoltare altri musicisti, dialogando con loro, scambiandosi anche informazioni»
Musicista e studioso, quale dei due prevale sull’altro?
«Decisamente il musicista. Lo studioso è parte di esso. Dedico quante più ore posso alla musica, perché sono nato per fare musica. È la mia missione in questa vita, per me è un’esigenza vitale, come respirare. Se mi togli la musica mi togli l’aria e muoio. Sono molto fatalista e credo che la missione assegnata a me è stata quella di esprimermi attraverso la musica e cercare di far stare bene le persone che usufruiscono di questa mia energia musicale. Ma io cerco anche di dare un messaggio, che risvegli le persone, ormai assopite, sedate dalla politica, quasi lobotomizzate da questa che agisce per i propri interessi. Le persone non ragionano più con la propria coscienza. Attraverso la musica provo a risvegliare la loro coscienza. Hai mai sentito parlare del nuovo ordine mondiale? Il potere economico che sta in mano alle banche che controllano tutto, cosi come l’organizzazione mondiale della sanità, è tutto teso non a curare e migliorare la condizione delle persone ma a controllarle. Tutto questo va contro l’etica dell’umanità. Per coloro che controllano il mondo, quelli che io chiamo burattinai, non contiamo nulla individualmente, siamo solo numeri. Questa cosa proprio non riesco a sopportarla. Ogni persona su questa terra è sacra, e comportamenti di questo tipo li voglio combattere, nel mio piccolo, con la musica»
«Si, le ricerche mi hanno influenzato moltissimo. Da musicista preferisco avere sempre un rapporto diretto con altri musicisti. Porto sempre con me la mia cultura e la confronto alla pari con le culture che incrocio e con le quali vengo in contatto. Non ho mai assunto un atteggiamento presuntuoso nei confronti di altri, ho sempre cercato di dialogare con le altre culture e assimilare da esse quegli elementi utili per il mio accrescimento, per la mia evoluzione sia dal punto di vista artistico che umano. La musica è di fatto un linguaggio universale e tramite essa riesci subito a creare un legame, un dialogo profondo, con le persone. Ricordo che feci un viaggio in Africa, da solo, invitato. Mi incontrai con dei musicisti africani e facemmo un po’ di prove prima del concerto. Facemmo un misto tra musica africana tradizionale, angolana, e proposi loro alcuni brani miei, abbastanza influenzati dalla musica napoletana. Porto sempre con me le mie radici e la mia cultura e ci tengo che già dalle prime note si senta che sono napoletano. Ricordo che ad un certo punto, dopo aver suonato brani angolani, gli feci suonare dei brani classici napoletani, ovviamente con gli opportuni arrangiamenti strumentali, tipo ‘O Marenariello. È stato incredibile ma sembravano musicisti napoletani. Ovviamente questo avviene quando c’è l’interazione giusta. In quel caso io avevo aperto i miei canali e si è creata l’intesa. Può anche non accadere, può succedere che non ci sia intesa»
Raccontaci della delegazione di musicisti a Baghdad nel 2002.
«Una delle esperienze più forti vissute nella mia vita. Partimmo con una delegazione di artisti alla quale arrivai tramite Michele Stallo, un mio amico fotografo. Lo scopo era fare un viaggio per protestare contro la guerra. Cosa che sarebbe accaduta da li a pochi mesi. Devo dire che mi imbarcai in questa avventura con molto coraggio. Ricordo che non potendo atterrare a Baghdad a causa dell’embargo, siamo atterrati da un’altra parte e ci siamo fatti mille chilometri di deserto con tre Jeep. C’erano giornalisti,scrittori, registi, fotografi, vari artisti, c’era anche Goran Kuzminac, cantautore italiano di origine serba. È stata un’esperienza pazzesca, molto formativa. Abbiamo fatto un concerto a Baghdad e uno a Baqubah e manifestazioni davanti alla sede dell’ONU, nei Suq facevamo delle lunghe processioni, tipo pifferaio magico, con tutte quelle persone che ci seguivano mentre alcuni musicisti suonavano percussioni e sax. Ripeto una esperienza meravigliosa. Gli iracheni, sono un popolo solido, con una cultura millenaria. Ho saputo solo dopo che per tutti i dieci giorni della delegazione siamo stati scortati, in modo silente e senza che ce ne accorgessimo, dai servizi segreti iracheni perché temevano un attentato contro di noi con la finalità di far ricadere la responsabilità proprio sugli iracheni e giustificare così un’invasione, quella stessa invasione che ci sarebbe stata da li a poche settimane. Ho conosciuto delle persone stupende che non hanno nulla da spartire con l’estremismo islamico, una popolazione fatta di persone semplici che non sono terroristi, piuttosto vittime dell’estremismo. Ai giovani dico che si deve viaggiare e non solo per vacanza, serve anche quello, ma viaggiare per conoscere e per imparare a rispettare tutti»
Viviamo in una terra ricca di bellezze e tesori. Uno di questi tesori è Pino Daniele. Raccontami della tua esperienza con lui.
«È vero, Pino Daniele è uno dei grandi tesori di Napoli. Esistono il tesoro di San Gennaro e Pino Daniele (ride). La considero una grande fortuna avere avuto la possibilità di lavorare con lui. Una persona con pregi e difetti come tutti, ovviamente, e nel nostro ambiente spesso lo ricordano per questi ultimi. Ma la verità è che Pino aveva una grande personalità, molto forte, e un difetto per quanto piccolo, per gli altri diventa una cosa enorme. Io, invece, ho sempre fatto molta attenzione ai suoi pregi. È stata una persona che ha fatto tanto per gli altri. Si è detto che lui non avrebbe aiutato, la madre e i fratelli. Non è affatto vero! Ha sempre aiutato la sua famiglia in molti modi e le dicerie contrarie sono solo leggende metropolitane. Era una persona che se poteva fare qualcosa la faceva. Inoltre aveva imparato a tenere molto a bada il proprio “io”. L’ego di ognuno di noi a volte può diventare anche molto pericoloso, è quello che ti confonde le idee, ma Pino riusciva a controllarlo. Lui era Pino Daniele e lo sapeva, ma non mi ha mai fatto pesare questa cosa. Quando parlavo con lui era come se parlassi con un mio amico d’infanzia non con Pino Daniele, il grande artista, e per me è stato un enorme insegnamento. Aggiungo pure che questa caratteristica l’ho ritrovata anche in altri grandi artisti e ho capito che sono le mezze calzette quelle che fanno emergere il proprio ego a dismisura e nella maniera sbagliata. Nel caso di Pino posso dire che lui era sempre proiettato verso l’interlocutore e mai su se stesso. Quando suonavamo, spesso mi diceva “bella questa cosa, come la fai? Fammi vedere... Caspita, quando fai queste cose sei eccezionale”. Queste parole lasciano il segno se a dirtele è uno che si chiama Pino Daniele. Nel 1997, ero giovane, Pino fece una tournee trionfale negli stadi ed io fui invitato ad aprire quella tournee. Eravamo due artisti, io e Joe Barbieri, che lui sponsorizzava. Noi aprivamo il concerto e poi arrivava lui e c’era anche James Senese che era tornato a suonare con lui dopo non so quanti anni. Non sto a dirti che emozione quando salivo sul palco e mi trovavo davanti a cinquanta, centomila persone, come a Palermo allo stadio La Favorita. E chi le aveva mai viste tante persone in una sola volta, io ero abituato ai piccoli club. L’applauso di tutta quella gente durante un assolo ti arrivava letteralmente addosso, sentivi un vero e proprio boato. Una sensazione pazzesca! Per fortuna mi è sempre andata bene e non mi sono mai fatto prendere dall’emozione. E Pino non perdeva mai l’occasione per farmi i complimenti, anzi quando, qualche volta, dopo il concerto me ne stavo da solo, lui mi chiamava perché stessimo insieme. Si era instaurato un bellissimo rapporto, una bella intesa professionale e umana. Lui mi dava praticamente carta bianca, potevo suonare quello che volevo per il tempo che volevo, agli altri invece dava precise istruzioni su cosa dovessero fare e come farlo. Joe Amoruso, mi diceva sempre “ma tu a chist’ che glia hai fatto, non è possibile che tu puoi fare quello che vuoi… e non ti dice mai nulla”. Ti racconto un aneddoto. Eravamo in hotel a Pescara, e io e Pino eravamo di fronte alla reception. Ad un certo punto arrivano delle persone che riconoscono Pino Daniele e gli chiedono un autografo. Lui si rivolge a queste persone dicendo: “vi faccio l’autografo a patto che lo chiediate anche alla persona che è con me. Sapete lui chi è? Si chiama Antonio Onorato ed è un grande chitarrista”. Ero senza parole! E lì mi resi conto della grande umiltà di Pino Daniele. Per me è stata una lezione importante e da allora mi comporto alla stessa maniera ogni volta che mi capita una situazione analoga»
Un’intesa di questo tipo puoi dire di averla avuta anche con altri importanti musicisti? Per citarne uno John Scofield.
«Scofield è una persona amabilissima, con lui ho seguito un seminario a Ravenna. Ne seguivo anche molti altri tenuti da chitarristi altrettanto importanti, tipo Pat Metheny, John Abercrombie e tornavo a casa con quaderni di appunti sui quali avrei potuto studiare per i successivi cinquant’anni. Studiare con questi grandi musicisti ha un valore formativo inestimabile. Avevo venti anni ed ero molto timido. Durante i seminari gli insegnanti ti invitavano a suonare con loro e Scofield dopo aver suonato con me mi chiese l’età e disse “mi sarebbe piaciuto suonare la chitarra a vent’anni come la suoni tu”. Terminato il seminario, era consuetudine far autografare il blocco degli appunti dall'insegnante e quando fu il mio turno lui mi vide, mi sorrise dicendomi “ah, sei tu...” e scrisse, prima della sua firma, “you sound good”. Nonostante questi episodi, che comunque sono molto importanti per me, no, nessuna intesa speciale con loro come invece c’è stata con Pino. Pino per me era un fratello maggiore»
Non è un caso che ti ho citato Scofield. Lui ha suonato in un noto centro commerciale della Campania. Ma non pensi che per la musica ci vorrebbero i posti giusti e non i centri commerciali?
«Anche io ho suonato in quel centro commerciale, e questo è lo specchio della nostra società. I soldi sono lì. Oggi se volessi organizzare un concerto di Scofield, da privato, andrei incontro a tanti di quei problemi burocratici, che passa la voglia dopo pochi minuti. Senza contare che oggi è sempre un'incognita quando organizzi un concerto. La gente partecipa sempre meno. Anche Pat Metheny a Napoli quest’anno non ha fatto il sold out. Non ci sono più certezze. Fortunatamente, almeno in quel centro commerciale, c'è qualcuno che è appassionato di jazz e chiama nomi importanti. Alla fine dei conti meglio concerti nei centri commerciali con l'acustica pessima e ambienti dispersivi che niente concerti. Certo se non conosci Scofileld non credo che in quella location potrai apprezzarlo, però in questo momento meglio quello che niente.
Diciamo pure che a Napoli, in questo momento, non ci sono locali dove suonare il jazz... per non parlare del cartellone di “Estate a Napoli”. Veramente vergognoso. Senza nulla togliere agli artisti, Napoli è una città che ha espresso, dal punto di vista culturale, cose straordinarie. Il mio musicista preferito è Mozart e sono convinto che è stato influenzato dalla musica napoletana. Conosco questo musicista molto bene, Lui ha soggiornato per ben due volte a Napoli, da adolescente e successivamente presso la corte dei Borbone, e quando è stato qui ha assimilato la nostra musica. Nel '700 venire a Napoli era come andare a New York oggi. A Napoli avevamo, Mercadante, Cimarosa, musicisti straordinari. Ti risulta che a Napoli si faccia un festival dedicato al ‘700 napoletano? Un festival che abbia una rilevanza internazionale? Come invece dovrebbe essere. Se vai in Austria, Mozart è ovunque pure sui cioccolatini. C'è una responsabilità delle istituzioni, con i politici che non sono in grado di fare una cosa del genere. Non si investe abbastanza sulla cultura e su ciò che di meglio ha espresso questa città. Un altro esempio? Esiste la grande tradizione della canzone napoletana, il turista che viene in città dove può ascoltare 'O Sole Mio, la canzone napoletana più famosa nel mondo? Se è fortunato solo da qualche “posteggiatore” nei ristoranti sul lungomare. Non esiste un luogo dove poter ascoltare seriamente la canzone classica napoletana. È come andare a Rio e non trovare alcun locale dove poter ascoltare una Bossa Nova. A Rio esiste il museo della Bossa Nova dove fanno concerti tutti i giorni. Vai a New York e trovi il Blue Note, tempio del jazz, vai a Londra e ogni sera puoi assistere ad un concerto rock. Perché a Napoli non ci sono cose di questo tipo? A Napoli dovresti ascoltare musica napoletana classica, musica folk, compresi i neomelodici e la sceneggiata di Mario Merola, e insieme a tutto ciò poter assister anche a concerti di musiche di Mercadante e Cimarosa oltre alle nuove tendenze della musica napoletana. Perché non c'è tutto questo? Perché non è possibile fruire di questo straordinario patrimonio che abbiamo?»
Il disco con Franco Cerri è stata una cosa importante, vero?
«É il disco più bello che ho fatto fin'ora. Franco è il jazzista più importante che abbiamo in Italia, una vera leggenda, che ora ha 91 anni e ovviamente suona sempre meno. Noi abbiamo suonato insieme per più di 15 anni e abbiamo fatto tanti concerti. Lui rappresenta la memoria storica del jazz italiano. E forse anche mondiale, visto che ha suonato con Billie Holiday, Django Reinhardt. Stéphane Grappelli. Anche loro autentiche leggende. Il rapporto con Franco è stato un grande arricchimento musicale e umano»
Chiudiamo parlando del tuo prossimo disco.
«Il mio prossimo disco sarà un lavoro molto particolare. Dopo tanti anni ho deciso anche di cantare. Sia chiaro io non voglio fare il cantante, sono sempre un musicista. Ho scoperto che so anche cantare e perché non farlo? Non l'ho fatto fino ad ora per una forma di pudore. Io suono dall'età di sei anni, ma quando ne avevo 16 già avevo una band e cantavo. Conosco tutte le canzoni dei Beatles per esempio, ma facevamo anche cover di Jimi Hendrix. Ero un chitarrista rock-blues che cantava anche. Ma in effetti non volevo essere identificato come cantante, io mi sentivo chitarrista. Questa cosa, pensa, è successa anche a Pino Daniele. Lui non voleva cantare, recentemente Tony Esposito mi ha confermato questa cosa, lui aveva intenzione di realizzare un progetto nel quale voleva solo suonare la chitarra. Willy David, lo spinse a cantare, per fortuna. Insomma il canto, anche per Pino è stato quasi un ripiego. Pure lui come me era proiettato sulla chitarra. Una volta mi disse “ma tu che pienz', pure a me mi sarebbe piaciuto diventare come Miles Davis”, intendeva come musicista... (ride). Comunque tornando a noi io non mi sentivo cantante, poi iniziai ad innamorarmi del jazz e il mio studio divenne sempre più approfondito e finii per non cantare più concentrandomi prevalentemente sulla chitarra. Oggi, si è sbloccato qualcosa e ho ripreso a cantare qualche blues, e poi registrandomi mi sono reso conto che la voce non era male e ho deciso di lavorarci su e l'ho fatto per più di un anno e mezzo. Nel prossimo disco ci saranno quattro brani cantati (due in italiano, un blues in napoletano e uno cantato in italiano e inglese) e otto strumentali. Il disco uscirà ad ottobre prossimo. Ho rimesso su la mia formazione degli esordi con Piero De Asmundis al piano, Mario De Paola alla batteria, Angelo Farias al basso, Luigi di Nunzio al sax, giovane e già un grande musicista jazz più altri musicisti tutti napoletani»
La chiacchierata sarebbe potuta andata avanti per altre due ore ma ho deciso di dare tregua ad Antonio che è stato letteralmente un fiume in piena. Grazie Antonio per la tua gentilezza e la tua generosità.
Nicola Olivieri
Foto di Umberto Mancini