Violenza sulle donne: Nadia Murad, da schiava sessuale a Premio Nobel per la Pace 2018
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“Il Dolore è il gran maestro degli uomini. Sotto il suo soffio si sviluppano le anime”.
L’Animo di Nadia Murad è veramente grande, il dolore immenso che ha subito, lo ha reso così grande. Tutto questo dolore, questo orrore ha avuto inizio in Iraq, nel 2014. Nadia Murad, 25 anni, irachena di religione Yazida, non si è mai stancata di raccontarlo. Lo ha fatto per far conoscere a quante più persone possibile le violenze vissute e quelle di cui è stata testimone. Un giorno di agosto di 4 anni fa, Nadia era con sua madre e i suoi fratelli nel pacifico villaggio in cui è nata, Kocho, nella parte nord dell’Iraq. Era un giorno tranquillo come mille altri e la gente lavorava nei campi. Possiamo solo immaginare l’orrore che si è riversato su questo villaggio all’arrivo, in massa e all’improvviso, dei miliziani dell’Isis che hanno bruciato le case, giustiziati, anzi, trucidato la maggior parte degli abitanti, gettati in fosse comuni e rapito Nadia e molte altre ragazze, per venderle, torturarle e stuprarle. Inizia così l’Inferno di Nadia.
Rapita, venduta al mercato degli schiavi, finita nelle mani di un giudice brutale, passata di mano in mano ad altri militanti, violentatori seriali. La sua voce trema quando racconta il suo calvario: “ Immaginate di essere picchiati e violentati ogni giorno da criminali armati, immaginate di essere acquistati da uno degli assassini che ha sterminato la vostra famiglia, mi hanno obbligato a guardare mentre trucidavano mia madre e i miei sei fratelli…” E non finisce qui. L’hanno poi portata in un posto a Mosul, dove è stata umiliata ogni giorno, dove le hanno procurato ogni sofferenza immaginabile finché il pietoso oblio dei sensi non la faceva svenire. “A un certo punto non resta altro che gli stupri “, scrive Nadia nel suo libro: “L’ultima ragazza. Storia della mia prigionia e della mia battaglia contro l’Isis”. E continuava: “Gli stupri diventano la tua normalità. Non sai chi sarà il prossimo ad aprire la porta, per abusare di te, sai solo che succederà e che domani potrebbe essere peggio. Il passato diventa un ricordo lontano, come un sogno. Il tuo corpo non ti appartiene , non hai le energie per parlare, per ribellarti per pensare al mondo esterno. Non avere più speranze è quasi come morire.”
Eppure Nadia non muore. Questa ragazza che ha conservato un viso dolce e pulito da bambina, nonostante tutto, non muore, anzi riesce a fuggire. Dopo mesi di prigionia un carceriere dimentica di chiudere a chiave la porta e Nadia, anche se stremata nel corpo e nella mente, riesce a fuggire. Vaga come in trance in una Mosul sospesa nel terrore, finché bussa ad una porta qualunque. Inaspettatamente una famiglia sunnita apre e Nadia inizia così il suo cammino verso la Speranza, verso la Libertà. Raggiunge prima un campo profughi e poi Stoccarda, la città tedesca in cui vive. Da quel giorno ripete: “Non avrò pace finché tutte le donne nelle mani dell’Isis non saranno liberate”. Due anni fa Nadia è diventata Ambasciatrice delle Nazioni Unite per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani. “Nadia non ha soltanto ritrovato la propria voce, ma è diventata la voce di tutti gli Yazidisti rimasti vittima di questo genocidio”, scrive Amal Clooney che è la sua avvocatessa nelle azioni legali contro i comandanti dell’Isis ed autrice della prefazione del suo libro. Amal è riuscita ad ottenere una Risoluzione epocale dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che ha istituito un team investigativo con il compito di raccogliere le prove dei crimini perpetrati dal Daesh in Iraq. Tutto ciò è veramente importante perché significa che le prove verranno conservate e i singoli membri del Daesh potranno essere processati.
Nadia non ha mai saputo né sa adesso cosa sia la parola” vendetta”. “Io non chiederò mai vendetta. Quello che voglio è giustizia”, dice mentre il mondo inter plaude al suo Nobel. Sì perché le sue parole hanno mosso coscienze, scavalcato confini, fino ad arrivare a Stoccolma dove hanno deciso di assegnarle il Premio Nobel per la Pace. Perché, dice la motivazione,” è stata vittima di crimini di guerra e ha rifiutato di accettare i codici sociali che impongono alle donne di restare in silenzio e di vergognarsi degli abusi a cui sono state sottoposte”. E perché “ha dimostrato un coraggio non comune a mostrare le sue stesse sofferenze e a parlare a nome di altre vittime”. Piccola grande Nadia, oggi Premio Nobel per la Pace 2018. Le nuvole si diradano, comincia a splendere il sole. Proprio grazie a persone come lei, prima o poi si uscirà dall’oscurità verso la luce, in un mondo nuovo. E se ciò accadrà lo dovremo anche a questa donna dal viso di fanciulla ma dal cuore di leone: Nadia Murad.
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