Lo raggiungo telefonicamente a Roma, parliamo piacevolmente di progetti, vita, teatro, passioni.
43 anni, torinese con origini meridionali, mamma piemontese, nonni pugliesi, papà nato in Calabria e vissuto a Napoli. L’innamoramento per il teatro lo deve alla madre che, dato il suo carattere irrequieto, su consiglio di un’insegnate, decise di fargli seguire dei corsi. A Fabrizio il teatro è piaciuto, poi ha interrotto, si è diplomato al Liceo Scientifico, iscritto al DAMS, dato vari esami ma poi ha deciso di frequentare la Scuola di Teatro Stabile di Genova, dove si è diplomato ne 1999. Giunge così il momento di trasferirsi a Roma, dove vive da 17 anni e dove ha continuato a lavorare nel suo mondo fatto di prove, spettacoli, copioni e studio.
-Nei giorni scorsi il pubblico ha avuto il piacere di vederti sul piccolo schermo, qual è il tuo rapporto con la TV?
“In TV mi ci ritrovo piacevolmente. Da poco ho finito di girare per “La compagnia del cigno”, la nuova serie TV di Ivan Cotroneo, una fiction che racconta la vita di sette giovani musicisti, tra passione e sacrifici. Altro lavoro è stato quello per il biopic su Mia Martini, “Io sono Mia”, con la regia di Riccardo Donna, sul piccolo schermo nel 2019, dopo il Festival di Sanremo.”
“Al personaggio che interpreto in “Rocco Schiavone 2” tengo molto, è struggente, poi vedremo cosa diranno gli spettatori! Abbiamo girato anche su uno strapiombo in valle d’Aosta, è stato bello davvero. Il personaggio che interpreto ne “L’allieva 2”, l’agente
-Il teatro cosa ti ha dato?
"Il teatro mi ha insegnato tanto, soprattutto la disciplina e ad essere concentrato. E’ un lavoro meraviglioso, si vive per “giocare” con i ruoli…. Gli spettacoli non si possono costruire su una persona, il teatro è la realizzazione di un progetto…"
“Nei miei spettacoli vi sono piccoli risparmiatori truffati dalle banche, omicidi di Tangentopoli archiviati come suicidi, il mobbing. Non perdo mai di vista l’aspetto del risparmio esagerato… Sono lavori di impegno civile”
"Tanti, ma soprattutto mi piacerebbe che mi capitassero personaggi con molte sfaccettature, non il cattivo fine a se stesso, secondo cliché, o buono, ma un personaggio il più possibile complesso".
-Ultimo libro letto?
"Brecht; “L’eccezione e la regola”, il testo è pazzesco. Ho letto molte commedie e tragedie…"
-Prossimi progetti?
"Al Teatro Argentina, a Roma, sarà la volta di “O la borsa o la vita”, scritto con da Mario Almerìghi , interpretata da me e Bebo Storti, tratto da “La borsa di Calvi” di Mario Almerighi, ed. Chiarelettere. E’ la storia del ritrovamento di una preziosa borsa, piena di documenti inquietanti…"
“Fondamentali. Quando ti appassioni tanto alla scrittura diventi molto autonomo anche emotivamente. Con la persona che vuole condividere questo spazio creativo si deve instaurare un rapporto molto forte. Una condivisione lasciando ad ognuno i propri spazi.”
-In un mondo in cui gli attori “vivono di social” qual è il tuo rapporto con questi mezzi di comunicazione?
“Non amo questo modo di vivere che impera, questo divismo sui social, questi selfie fatti sul set. Lo trovo patetico. Sono i fatti a raccontare chi sei, a creare stima o meno, come un atleta che fa tante rinunce, così è la vita dell’attore. Questo narcisismo proprio non mi piace. Frequento solo persone che mi piacciono davvero, con cui c’è un confronto su un progetto culturale, non sull’ io."
-Uno spettacolo a Salerno?
"Ci sono già stato, ma, mai dire mai…"
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