Tra ricordi e leggende- di Antonietta Doria-
Pasqua, chiudo gli occhi e vedo una Buccino di tanto tempo fa. Tempi andati, ma profumi intensi di primavera e di casa in festa. Vedo mia madre tra crema, grano cotto e pasta frolla: è intenta a preparare la pastiera. Ha 46 anni, ancora il marito accanto e tre figlie. C'è un profumo dei fiori d'rancio che si diffonde per tutta la casa ed è già festa. Che anni erano? Gli anni dell'infanzia in cui si stava tutti insieme vicino al camino in una Buccino dove non c'erano mandorli in fiore ma peschi vestiti di rosa. La pastiera: ricordi del cuore. La rondella con cui taglio oggi la pasta frolla, ha il manico di un legno antico ed era quella usata da mia nonna, avrà più di cent'anni ma è insostituibile. Il colore giallo intenso della pasta, il profumo del limone, gli ingredienti semplici che insieme creano poesia, l'atmosfera che ogni anno ritorna, mi comunicano che in questo dolce sono racchiuse storie di famiglie, tradizioni e amore, perché la pastiera è un dolce e tanto altro ancora.
La leggenda napoletana, intanto, narra che alcuni pescatori erano rimasti in balìa delle onde un giorno ed una notte. Appena furono in salvo a coloro che chiedevano come avessero resistito, rispondevano che avevano mangiato la "pasta di ieri" fatta con ricotta, grano, uova e aromi. La Pastiera divenne, così, simbolo di rinascita dal momento che rinati furono i quattro pescatori ormai salvi.
Intanto è già ne "La gatta Cenerentola" che Giambattista Basile descrive i festeggiamenti dati dal re per trovare la fanciulla che aveva perso lo scarpino:« Da dove vennero tante pastiere e casatielle?...
Un'altra leggenda narra della sirena Partenope , "simbolo della città di Napoli dimorasse nel Golfo disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, e che da qui ogni primavera emergesse per salutare le genti felici che lo popolavano, allietandole con canti di gioia. Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti, accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d'amore che la sirena aveva loro dedicato e, per ringraziarla, sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnarle i doni della natura: la farina, la ricotta, le uova, il grano tenero, l'acqua di fiori d'arancio, le spezie e lo zucchero. La sirena depose le offerte preziose ai piedi degli dei, questi riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera, che superava in dolcezza il canto della stessa sirena. Si narra poi che la seconda moglie di re Ferdinando II di Borbone, Maria Teresa d'Asburgo-Teschen, soprannominata la Regina che non sorride mai, cedendo alle insistenze del marito buontempone, accondiscese ad assaggiare una fetta di pastiera e non poté far a meno di sorridere, e da qui nasce il termine "magnatell'na risata",tipico detto partenopeo che sollecita le genti alla ilarità"
Ricette migliorate di anno in anno o gelosamente custodite in vecchi quaderni ingialliti, rigorosamente con grano o attualizzata con il riso, la pastiera resta un dolce prezioso, un augurio di rinascita.
Donarla, resta un gesto d'amore universale.
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